La paura della morte è un tema fondamentale che non sempre viene approfondito. In genere si evita di parlarne, relegando la questione a momenti futuri, in cui la morte arriva, impetuosa, trovandoci impreparati.
La paura della morte è una spinta interna che muove pensieri e azioni, inducendoci ad assumere diverse prospettive nei riguardi della vita. Spesso abbiamo paura di ciò che non conosciamo e la morte è di certo il mistero più grande della vita.

Nonostante nel corso della storia si siano alternate tante visioni della morte, ancora oggi la fine della vita, per come la conosciamo, è una questione aperta che non ci permette di avere certezze. Ciò che sappiamo è che il nostro tempo in vita è limitato e non prevedibile.
Molte domande, poche risposte
Cosa succede quando moriamo? Come avviene il processo della morte? La coscienza dipende dal corpo o può esistere a prescindere da esso? Queste sono alcune delle grandi domande che da sempre noi esseri umani ci poniamo. Domande che probabilmente rimarranno senza risposta ancora a lungo. Vi sono studi come quelli condotti sulle persone morte e rianimate in pochi minuti del dr. Sam Parnia, o quelli degli strani casi di bambini che raccontano di aver già vissuto dell’Università della Virginia, che in modi differenti, stanno cercando di indagare con gli strumenti della scienza questo tema così importante.
Ma le risposte rimangono poche. Nel corso della storia si sono alternate molte culture che hanno creato diverse concezioni della morte, alcune più dogmatiche, altre più pragmatiche e basate su esperienze “spirituali” sempre però soggettive e difficilmente testabili, secondo i rigidi protocolli della scienza.
Ad oggi la morte rimane un grande mistero e, spesso, la tendenza della mente è quella di evitare ciò che temiamo in quanto sconosciuto.
La componente culturale nella paura della morte
Di certo il modo in cui all’interno della nostra cultura viene vissuta la morte farà la differenza. In alcuni contesti parlare di morte non è assolutamente permesso, o fonte di grande frustrazione. In altri è del tutto naturale o, addirittura, è usuale che vengano organizzate feste per i morti, per ricordarli e tenerli vicini nella propria quotidianità. Grazie a tali occasioni diviene così possibile accedere a questo tema e riuscire a viverlo con maggiore serenità.
Nella nostra cultura occidentale sono stati pochi ad affrontare la questione con atteggiamento positivo. Non si può non citare il “giullare di Dio” che si riferiva ad essa come a una sorella. Senza tuttavia approfondire il tema.
Di certo le narrazioni, le favole, la religione, il folklore, l’arte, e tutto ciò che possiamo definire come cultura condiziona molto il nostro modo di percepire la morte. Lo stesso approccio medico scientifico porta spesso a viverla come un male, qualcosa da evitare.
L’effetto dell’evitamento
Di fronte alla morte rimaniamo incerti e in genere è proprio l’incertezza che ci spinge a evitare l’argomento. Non avendo strumenti per comprendere che cosa la fine della vita effettivamente sia, tendiamo ad accantonare la questione. Il risultato di questa condotta di evitamento è quello di rimanere inesperti del campo. Non concedendoci di esplorare il tema, rimaniamo incapaci di affrontarlo.
Questo atteggiamento non fa altro che indurci ad una maggiore paura della morte. Accade così che quando la morte arriva, essa ci coglie per lo più impreparati, ignari, confusi. La perdita di amici, parenti, alle volte anche animali domestici, lascia così in noi un senso di sofferenza e di ineluttabilità che ci divora, lasciando strascichi emotivi che, come carichi pesanti, ci portiamo dietro nella vita.
Il non essere avvezzi a trattare il tema ci porta a non avere tutte quelle “protezioni” interne che ci potrebbero aiutare nel momento del bisogno.
Superare la paura della morte
Se temo qualcosa al punto da non parlarne o da spingerlo ogni volta nei recessi della mia mente, non mi concedo di sviluppare tutte le conoscenze e competenze necessarie per trattarlo. Il risultato è che quando la morte ineluttabile arriva, ci costringe a riflessioni profonde per le quali non siamo pronti o, figuriamoci, allenati.
Per superare qualcosa che temiamo la terapia cognitiva comportamentale mostra come il metodo più semplice sia quello dell’esposizione all’oggetto temuto. Spesso questo tipo di intervento viene utilizzato in psicoterapia per affrontare le fobie. Esponendoci gradualmente a ciò che temiamo, iniziamo a comprenderlo, a cambiare la nostra percezione rispetto ad esso e, infine, a superare la paura.
Nel caso della paura della morte il modo più semplice potrebbe essere quello di iniziare a pensare alla morte, di domandarci quale possa essere il senso che vogliamo attribuire ad essa e, più in generale, alla vita.
Un altro atteggiamento nei confronti della paura della morte
Un altro atteggiamento, altrettanto rischioso, che possiamo assumere nei confronti della morte è quello di pensarci costantemente. La paura della morte può divenire, in alcuni casi, una vera e propria ossessione. Se rivolta verso noi stessi potrebbe portare ad una forma di ipocondria. La paura di ammalarsi potrebbe divenire così intensa da costringerci a indagare ininterrottamente su tutte le possibili malattie, a fare svariati esami medici, a passare notti intere online per studiare sintomi e cure. Questa forma di fobia è oggi denominata cybercondria.
Per assurdo la paura della morte potrebbe così divenire un limite nella vita, costringendoci a non viverla per paura di ciò che potrebbe accaderci.
Anche rivolta verso gli altri la paura della morte potrebbe condurci a una costante paura dell’abbandono e a un atteggiamento di eccessivo controllo nei confronti dei nostri cari. Questo potrebbe paradossalmente portarci a rovinare quelle stesse relazioni che tanto temiamo di perdere.
Il legame profondo fra la vita e la morte
Tutto ciò che è manifesto in natura passa i tre cicli di creazione, mantenimento e dissoluzione. Questa è una legge universale antica quanto il mondo. Vita e morte sono strettamente connesse. L’una non potrebbe essere senza l’altra. Banalmente, se le persone non morissero non potrebbero più nascerne. Questo vale per qualsiasi altro essere vivente. Ma anche gli oggetti hanno un loro ciclo di vita. Tutto subisce queste tre fasi dell’esistenza.
Noi uomini non siamo da meno. Non sappiamo con assoluta certezza cosa accada alla coscienza dopo la morte, ma sappiamo che il corpo, a un certo punto smette di funzionare. Che la nostra vita terrena ha un limite.
Riflettere su questo ci può portare a dare più importanza alla nostra esistenza. Comprendere che il tempo che abbiamo da vivere è l’unico bene prezioso che dobbiamo imparare ad amministrare può fare la differenza.
Un semplice esercizio per affrontare la paura della morte
Affrontare la paura della morte necessita spesso di un percorso più strutturato ma un semplice esercizio psicologico che possiamo effettuare per iniziare a lavorarci è quello di immaginarci di essere arrivati alla fine della nostra vita. Di aver già vissuto tutta la nostra esistenza e, anziani, di guardarci indietro. Una domanda che potremmo porci così è che cosa vorremmo vedere dietro di noi.
Quali sono le esperienze, le relazioni, i momenti che ci piacerebbe ricordare. Fare questo può essere di aiuto nel riuscire a dare ancora più senso al presente, imparando a gestire con minor ansia il tempo che abbiamo.
Per alcuni anche questo semplice esercizio potrebbe risultare difficile perché implica la possibilità di pensare alla morte, di accoglierla come un passaggio naturale e obbligato della vita. In questi casi anche solo riflettere su questi concetti potrà essere di aiuto.