La dissonanza cognitiva è un processo cognitivo individuato e studiato dallo psicologo sociale Leon Festinger. Entriamo in dissonanza cognitiva quando in noi albergano diverse cognizioni che, a causa del loro contrasto, creano in noi un disagio.
Un classico esempio di dissonanza cognitiva è quella del fumo. So che fumare fa male, ma è tanta la mia dipendenza da convincermi che a me non succederà nulla. Potrei anche dirmi che le ricerche scientifiche tutto sommato non sono poi sempre così accurate.

Il piacere che provo fumando mi spinge in una direzione. La conoscenza di quanto fumare faccia male dall’altra. Il risultato è che entro in “dissonanza cognitiva”. La dissonanza cognitiva mi crea un disagio emotivo. Accade così che il mio sistema cognitivo/emotivo cerca di riportarmi ad una consonanza cognitiva e quindi di ripristinare l’equilibrio.
Le origini del pensiero di Festinger
Festinger è stato allievo di Kurt Lewin, il famoso psicologo statunitense, pioniere nel campo della psicologia sociale. Kurt Lewin era un grande sostenitore della psicologia della Gestalt o “buona forma”. In una prospettiva Gestalt, “l’insieme è più della somma delle parti”. Festinger, grazie alla scoperta della dissonanza cognitiva ha dato un esempio brillante di come in noi accadano più cose di ciò che può essere ridotto a uno stimolo e risposta. Visione ai tempi ancora forte e legata al primo comportamentismo.
In noi il sistema tende a ritornare alla sua “buona forma”, a ripristinare l’equilibrio. Nella dissonanza cognitiva, a fronte di una tensione interna che ci spinge in direzioni diverse, il nostro sistema cerca di usare delle strategie per ridurre la tensione e riportare armonia.
Festinger ebbe modo di sviluppare questa conoscenza sia in laboratorio, con i primi esperimenti di psicologia sociale, e sia con la ricerca sul campo a lui così cara.
Per quanto sei disposto a mentire?
Nel 1959, in un celebre esperimento, Festinger, insieme al collega Carlsmith, chiesero ad alcuni studenti di completare un compito particolarmente noioso. Alla fine del compito, spiegarono loro di aver appena fatto parte un esperimento in qualità di “gruppo di controllo”. Il gruppo di controllo è quel gruppo che, nella ricerca scientifica, serve per avere il confronto con chi, invece, viene sottoposto ad una particolare variabile.
I soggetti appartenenti ai due gruppi sperimentali, che sarebbero arrivati dopo di loro, avrebbero dovuto ricevere una “suggestione” da parte dell’assistente. In particolare l’assistente, facendo finta di essere uno studente, avrebbe dovuto raccontare al primo gruppo che il compito era particolarmente divertente e, al secondo, che era particolarmente noioso.
A questo punto Festinger e Carlsmith dissero agli studenti, che avevano già svolto il compito, che l’assistente era in ritardo e chiesero quindi loro di sostituirlo. Per la loro collaborazione diedero in cambio una ricompensa economica.
Gli studenti, convinti quindi di star aiutando nell’esperimento, dovevano raccontare allo studente successivo (in realtà il vero assistente) che il compito era particolarmente divertente.
Gli studenti, e questa è la reale variabile sperimentale, ricevevano per il loro aiuto o 20 dollari o 1 dollaro.
Chi ricevette un solo dollaro per mentire valutò significativamente meno noioso il compito stesso.
La dissonanza cognitiva nell’esperimento di Festinger e Carlsmith
In questo caso la dissonanza cognitiva veniva creata negli ignari studenti fra l’esperienza vissuta, ” Il compito è noioso”, e l’immagine di sé “ho raccontato che è divertente”. Chi aveva ricevuto venti dollari riusciva a uscire dalla dissonanza cognitiva semplicemente dicendosi che ne valeva la pena per venti dollari.
Chi invece aveva ricevuto solo un dollaro, evidentemente, dovette ricorrere ad un’altra strategia.
In particolare, nell’interpretazione data da Festinger, gli studenti che avevano ricevuto così poco dovettero cambiare il proprio atteggiamento verso l’esperienza passata e percepirla come meno noiosa di quanto fosse stata. Un elemento interessante che gli autori sottolinearono fu quello della libera scelta. Il cambio di atteggiamento risulterebbe legato al sentimento di libera scelta. Avevano scelto loro di accettare l’incarico.
Questo fu un esperimento molto interessante, ma pur sempre un esperimento. Se in altri campi della conoscenza replicare situazioni reali in laboratorio sia la norma, in psicologia non è così scontato. Festinger era molto legato alla pratica sul campo, così come del resto gli psicologi sociali del suo tempo. La psicologia aveva il nobile scopo di comprendere e, se possibile, migliorare la vita reale delle persone. Per verificare le sue teorie sulla dissonanza cognitiva nella vita quotidiana, Festinger condusse una vera e propria esplorazione di campo entrando a far parte di una setta.
E se la fine del mondo non arrivasse più?
Siamo nell’estate del 1954, in una piccola cittadina del Kansas. Una casalinga di periferia di nome Dorothy Martin, sostiene di aver ricevuto un messaggio dagli abitanti di un pianeta chiamato Clarion. Gli extraterrestri, che si fanno chiamare i guardiani, sostengono che il 21 dicembre di quello stesso anno un diluvio distruggerà la civiltà umana. Dorothy, nel libro in cui Festinger racconta la ricerca chiamata Marian Keech, aggiunge al suo racconto che i guardiani le offrono una possibilità di salvezza. Chi crederà alle sue parole sarà salvato.
La donna raccoglie così un discreto numero di adepti fra cui Festinger e i suoi ricercatori, che iniziano ad osservare il gruppo e le sue dinamiche. Il 17 dicembre Dorothy riceve una telefonata, fatta probabilmente da qualcuno che, ascoltata la strana storia, decide di farle uno scherzo. Si presenta come “Captain Video” e le dice che alle quattro del pomeriggio arriverà nel suo giardino per prelevarla insieme agli altri credenti.
Tutti si preparano, alcuni senza convinzione, all’arrivo del salvatore. Captain video non arriva. Si assiste così ad un primo accomodamento cognitivo. Inizialmente confuse, le persone iniziano a sostenere che si tratti di una prova generale. Dorothy riceve un altro messaggio secondo cui questa volta arriverà verso l’una di notte. Alle tre e mezza, non avendo più ricevuto alcun segnale, rinunciano, di certo si trattava di una prova generale.
Quando un’idea diviene una convinzione
La disconferma delle attese, anziché generare un solido dubbio, crea negli adepti una convinzione ancora più radicata. Questo accade, secondo Festinger, per mantenere un senso di continuità e coerenza interna.
Il 20 dicembre a mezza notte l’astronave arriverà per salvarli. Questo è il momento definitivo. Tutti si preparano. Questa volta accadrà. le istruzioni ricevute da Dorothy prevedono che per prepararsi devono prima liberarsi di ogni oggetto metallico, e così tutti si preoccupano di non averne.
Alle 12.05 non è ancora arrivato nessuno. Ci si accorge però che nell’altra stanza un altro orologio segna le 11.55, aspettano ancora un pò.
Alle 4 del mattino nessuno è arrivato. Tutti sono sbalorditi. Dorothy si dispera. Alle 4:45 riceve però un altro messaggio tramite la scrittura automatica (questo era il modo usuale che i guardiani usvano per comunicare con lei). Il messaggio rivela come la luce e l’amore che, incontrandosi e avendo fede in loro, hanno dimostrato di avere, ha fatto decidere dio di salvare il pianeta e l’umanità. La loro devozione e fiducia è stata ripagata.
L’epilogo della storia è che in molti successivamente si rivoltano e vengono emessi diversi capi di imputazione per la “signora Keech” e il suo aiutante dr. Armstrong.
Come la dissonanza cognitiva fa vedere solo una parte della realtà
Nell’esperimento di campo di Festinger diviene evidente come il bisogno di coerenza interno e di continuità del pensiero spinge Dhoroty, e molti altri del suo gruppo, a interpretare gli eventi non in base agli elementi reali ma, piuttosto, in base al bisogno di mantenere una continuità logica con il proprio schema concettuale.
Ciascuno di noi ha schemi concettuali cognitivi ed emotivi che costantemente si susseguono in noi. Ripetizione e intensità dell’esperienza consolidano questi schemi. Alcuni schemi hanno a anche fare con le attività della vita, lavorare, costruire, parlare ecc.. Altri con l’immagine di noi stessi. Questi, in particolare, sono schemi tendenzialmente più solidi e resistenti. D’altro canto ogni giorno pensiamo a noi stessi e sviluppiamo un pensiero su come siamo o non siamo. Questo ci struttura sempre più.
Nel caso di Dhoroty e del suo gruppo la convinzione di quanto stava accadendo era così radicale da stravolgere le loro vite. Le scelte fatte avevano anche profondamente cambiato la loro visione di se stessi. Per questo motivo, nonostante gli eventi contraddicessero completamente ciò che era stato detto fino a quel momento, la dissonanza cognitiva generata era tale da spingere “il sistema” a trovare una strategia per mantenere la coerenza e salvare l’immagine di se stessi.
L’idea di ritenersi i salvatori del mondo era tutto sommato una “buona via d’uscita”.
Strategie per evitare la dissonanza cognitiva
Lo studio di Festinger aveva di certo dei limiti. Il fatto di essere una ricerca condotta in circostanze di vita reale impedisce di valutare molte variabili, ma ci aiuta a comprendere meglio come il funzionamento della mente sia alle volte capace di distorcere la nostra percezione o le nostre credenze.
Per evitare il disagio emotivo che possiamo provare in seguito a una dissonanza cognitiva potremmo mettere in atto diverse azioni. Sempre secondo Festinger, un fumatore potrebbe iniziare a dirsi che per lui fumare è più importante della salute, ritenendo che pur di fumare ne valga la pena. Viene così fatta una valutazione fra rischi e benefici e si decide che si preferisce poter fumare.
Un altro modo per affrontare questa dissonanza potrebbe essere quello di ridurre al minimo i potenziali scenari negativi. Il fumatore potrebbe convincersi che gli effetti negativi sulla salute sono sopravvalutati. Ricordandosi, ad esempio, di un lontano parente che ha fumato fino a novant’anni.
Ci si potrebbe anche raccontare che visti i tanti rischi della vita, non si può certo sperare di proteggersi da tutto. Un’altra strategia che la persona potrebbe utilizzare per evitare la dissonanza cognitiva potrebbe essere quella di convincersi che smettendo di fumare ingrasserà, sarà più nervosa, ecc… . Grazie a queste strategie la persona potrà continuare a fumare senza provare troppo fastidio.
I segni che rivelano la dissonanza cognitiva
La dissonanza cognitiva è un meccanismo in genere inconsapevole, ma, come sempre, la differenza fra le persone sta nella consapevolezza. Se imparo ad accorgermi dei miei pensieri e stati interni, e a cogliere le contraddizioni del mio pensiero, oltre che le sensazioni di disagio e conflitto, posso imparare a evitare con più facilità gli effetti, spesso infausti, della dissonanza cognitiva.
Alcuni segni di star entrando in dissonanza cognitiva potrebbero essere:
- Sentirsi a disagio prima di fare qualcosa o di prendere una decisione.
- Giustificare o razionalizzare una scelta che si è presa o un’azione intrapresa.
- Sentirsi in imbarazzo e iniziare a nascondere qualcosa che si è fatto, per paura del giudizio di altre persone.
- Provare sensi di colpa o rimpianti per qualcosa del passato.
- Fare qualcosa a causa della pressione sociale o della paura di perdere qualcuno
In alcune relazioni tossiche, ad esempio, potremmo percepire un senso di disagio e confusione. La persona con cui stiamo insieme potrebbe trattarci a volte male e noi, per un effetto di dissonanza cognitiva, potremmo iniziare a razionalizzare, a dirci che fa così per questo o per quell’altro motivo, a convincerci che forse abbiamo sbagliato anche noi ecc.. . Perdendo di vista il fatto che sono forse accadute cose che in una relazione non devono accadere.
Le situazioni che ci possono mettere in dissonanza cognitiva
Gli esempi di situazioni in cui possiamo entrare in dissonanza cognitiva sono molti. La dissonanza cognitiva è un meccanismo piuttosto naturale ed è quindi impossibile dare un elenco completo. Di certo rischiamo di entrare in dissonanza cognitiva, e quindi di usare strategie compensatorie per riportare l’equilibrio, quando ciò che accade ci mette in conflitto.
La dissonanza può verificarsi:
- Quando la logica interna entra in conflitto.
- Se ci troviamo in contrasto con le norme culturali.
- Con esperienze del passato dissonanti fra loro o con la nostra vita attuale.
- Quando una cognizione entra in contrasto con uno schema più grande di cui fa parte.
- A fronte di una disconferma delle nostre aspettative.
Più in generale, quando comportamenti, credenze o situazioni, entrano in conflitto fra loro.
Torniamo all’ esempio della relazione di coppia. Potrebbe essere che il nostro partner ci assicuri il suo amore con le parole. Tuttavia potremmo notare dei comportamenti discordanti come: arrivare in orari diversi da quelli concordati, andare spesso via con il proprio telefonino, passare ore in bagno. Per caso potremmo chiedergli di darci il cellulare un attimo, perché non abbiamo il nostro sottomano, e lei/lui potrebbe storcere il naso e trovare una scusa per cambiare discorso.
Una situazione come questa, giustamente, potrebbe metterci in allarme creando in noi confusione. Potremmo prendere in mano la situazione e affrontare il discorso, oppure lasciare che il disagio provato venga ben compensato con giustificazioni o razionalizzazioni, oppure, peggio, limitando la nostra percezione di ciò che accade.
Come uscire dalla dissonanza cognitiva
Come dicevo la differenza fondamentale sta nella consapevolezza delle persone. Più siamo consapevoli di noi stessi e dei processi che si svolgono dentro di noi, e più saremo in grado di evitare di cadere in errore.
Ognuno di noi può decidere di crescere, di migliorare la propria vita e di imparare a gestire, con maggiore consapevolezza, se stesso. Per fare questo serve una certa dose di impegno e, comunque, la scelta di ascoltarsi e prederei cura di sé.
Più diverremmo esperti di noi stessi, più crescerà in noi la consapevolezza dei meccanismi che mettiamo in atto nella vita. Nel tempo potremmo imparare ad accorgerci di quando il nostro sistema metta in atto strategie che ci allontanano dalla realtà, disattivarle, e scegliere invece strategie consapevoli per mantenere l’equilibrio e affrontare le difficoltà della vita.
Festinger, L. & Carlsmith, J.M. (1959), Cognitive consequences of forced compliance, in “Journal of Abnormal and Social Psychology”, 59, pg. 2013-210.
Festinger, L. & Riecken, H,W & Schachter, S. (2012), Quando la profezia non si avvera, Il Mulino.