La paura dell’abbandono.

La paura dell’abbandono è spesso un argomento portato in terapia. Essa si basa essenzialmente sul timore, alle volte dirompente, di rimanere soli, essere lasciati o, appunto, abbandonati.

La paura dell’abbandono ha in genere radici profonde. Seppure in psicologia ciascuna persona sia un caso a sé, che va compreso e amato, spesso temiamo l’abbandono quando non abbiamo potuto sviluppare una piena e completa fiducia in noi stessi.

E’ come se ci percepissimo così soli e vuoti da sviluppare un attaccamento eccessivo verso persone che reputiamo fondamentali per la nostra stessa sopravvivenza.

Essere legati agli altri è naturale e in buona sostanza sano. Quando siamo tuttavia vittime di una forte paura dell’abbandono non riusciamo più facilmente a discriminare fra ciò che ci aiuta e ciò che ci intossica.

La paura dell'abbandono

Ansia e paura dell’abbandono

La paura dell’abbandono può portarci a vivere condizioni d’ansia intense, un bisogno di eccessivo di controllo, in alcuni casi il panico.

A seconda dell’intensità sperimentata possiamo arrivare a parlare di fobia, intesa come una paura irrazionale che compromette la nostra vita. Potrei ad esempio vivere relazioni serene ed equilibrate ma nel contempo vivere costantemente uno stato d’ansia e di forte preoccupazione per la possibilità di perdere i miei cari che mi mantiene in uno stato di continua allerta.

Questo stato di attivazione interna potrebbe portarmi a preoccuparmi eccessivamente per il loro stato di salute e, a seconda del ruolo che ricopro per loro, la mia preoccupazione potrebbe inficiare la relazione.

In altri casi la paura dell’abbandono potrebbe essere tale da spingerci a cadere in relazioni disfunzionali, fonte di grande sofferenza.

Paura dell’abbandono e relazioni tossiche

Può così accadere di trovarci intrappolati in relazioni tossiche che anziché nutrirci ci indeboliscono riducendo la nostra autostima.

Tali relazioni sono spesso lo specchio di relazioni già vissute fin da bambini. Modelli di relazione a cui siamo stati abituati inconsapevolmente negli anni dell’infanzia. Capita di incontrare persone che riportano esperienze infantili di trascuratezza emotiva, solitudine, disattenzione da parte dei genitori e che si ritrovano in età adulta a rivivere le stesse dinamiche, senza riuscire ad uscirne.

Esperienze di sofferenza in età infantile possono così condurre alla costruzione di una percezione di sé come incompleti, fragili, bisognosi costantemente dell’altro.

Il problema è che in età adulta è difficile andare a rielaborare quei vissuti acquisiti nell’infanzia. Semplicemente perché nell’età in cui essi si sono generati si era talmente sprovvisti di strumenti per rielaborare e in alcuni casi proteggersi dalle dinamiche relazionali vissute, da “assorbirle” profondamente nel sistema nervoso stesso.

La paura di essere abbandonati fin da piccoli

Percepirsi soli o comunque precari nelle relazioni importanti della vita porta semplicemente ad abituarsi a questo stato d’animo. E’ come se l’apprendistato alla paura dell’abbandono avvenisse fin dalle prime relazioni della vita. Se fin da piccolo mi sono sentito precario emotivamente a causa di eventi contingenti, come difficoltà oggettive dei genitori, lutti improvvisi, separazioni malgestite, eccessivo controllo e attaccamento da parte di un genitore, inevitabilmente quel vissuto di precarietà si radicherà in me.

L’effetto che questi eventi e circostanze avranno nel tempo potrà differire da persona a persona. Questo in relazione anche ai diversi stili di attaccamento. Alcuni ad esempio diverranno sempre più ansiosi e preoccupati di perdere le relazioni della propria vita. Altri invece si isoleranno, imparando in buona sostanza a bastare a se stessi. Per loro stare in relazione potrebbe essere percepito come così pericoloso, a causa del possibile abbandono, da preferire stare soli ed evitare di rischiare.

Il dolore vissuto nel passato diviene in sostanza così inavvicinabile da spingerci in condizioni di maggior dolore. Quel dolore passato, soprattutto se vissuto in un età in cui si è maggiormente esposti e permeabili, diviene così spaventoso che il corpo stesso fa di tutto per distanziarsene.

Il conflitto interiore

Accade così che la paura dell’abbandono ci spinga in una direzione ma il nostro intelletto, la nostra discriminazione, in un’altra. Semplicemente andiamo in crisi.

Sappiamo che rimanere in alcune relazioni è sbagliato. Eppure non riusciamo a lasciarle andare. Oppure possiamo percepire che la nostra solitudine nasconde una paura più profonda, ma la sola idea di aprirci a relazioni più profonde, possibile causa di sofferenza, ci agita profondamente.

In questi casi di conflitto interiore diviene naturale iniziare a porsi delle domande, fare delle riflessioni, interrogarsi più profondamente su se stessi e sul proprio modo di funzionare.

Molto spesso le persone arrivano in psicoterapia quando si trovano in questa difficile situazione.

Superare la paura dell’abbandono

In un’ottica più transpersonale lo scopo della terapia, e più in generale della vita, è più quello di uniformare la mente alla coscienza, a ciò che dà un senso più profondo alla vita. Se intuisco che il mio comportamento è scorretto e motivato da vissuti antichi non ancora rielaborati, diviene importante intraprendere un percorso di consapevolezza e trasformazione, finalizzato a conquistare gli automatismi di corpo e mente. Il compito che ciascuno di noi è chiamato a fare è quello di conquistare quelle parti di sé non coerenti con l’insieme, integrandole e trasformandole.

Nel caso specifico della paura dell’abbandono si tratta di andare sempre più in profondità nel superare quei vissuti, spesso antichi, che ci spingono in buona sostanza a boicottarci e farci del male.

La relazione che cura

Indubbiamente l’intervento più efficace nella gestione di questa difficoltà si realizza all’interno di una relazione non più problematica ma sana. Come ci ammaliamo nelle relazioni, così possiamo guarire in esse. È la relazione stessa a formare diversamente la nostra mente, a spingerci giorno dopo giorno a cambiare prospettiva, a percepirci differentemente.

Ciò che accomuna i diversi interventi terapeutici è di certo la relazione, come ben sottolineato nel modello psicoanalitico relazionale. All’interno di una buona relazione terapeutica è possibile sperimentare sensazioni e vissuti nuovi, aprirci a qualcosa di diverso, interiorizzare inediti modelli di attaccamento. Per questo motivo la relazione più di tutto cura.

Di certo, all’interno di una relazione terapeutica efficace, alcuni strumenti possono profondamente facilitare il processo di guarigione.

Comprendere la storia

Chiaramente uno dei passaggi fondamentali in terapia ha a che fare con la comprensione della storia della persona. Ripercorrere la storia dell’abbandono ci permette di collocare in una dimensione di senso come si sia strutturata la paura. In un ottica transgenerazionale rileggere la storia personale e familiare può avere un importante impatto in terapia.

Alle volte ci troviamo persi a dover far fronte a stati interni che ci travolgono, lasciandoci in profonda difficoltà. Dare un senso a ciò che viviamo, comprendendo la sua evoluzione, ci permette di iniziare a controllarlo.

Spesso è infatti proprio la sensazione di assenza di controllo rispetto a questa paura così profonda a metterci in difficoltà e a destabilizzarci. Ricordare i passaggi che, giorno dopo giorno, hanno strutturato in noi i vissuti che sostengono la paura dell’abbandono ha in genere un notevole effetto terapeutico.

Strumenti ipnotici per rielaborare il passato

Tale comprensione è un primo passo fondamentale in terapia che deve essere seguito da un percorso mirato volto a trasformare i vissuti più antichi. Oltre alla relazione che permette, nel tempo, di modificare i “modelli operativi interni” cha abbiamo costruito, alcuni strumenti ipnotici possono avere un notevole effetto trasformativo. Usare ad esempio l’ipnosi regressiva per andare a rivivere il passato è utile per divenire consapevoli dei vissuti sperimentati e per superarli a un livello molto più profondo di quello a cui la sola comprensione cognitiva può portare.

Oltre a questo l’ipnosi, nelle sue diverse forme, può avere un un forte impatto nel rinforzare l’io.

L’ipnosi metaforica, ad esempio, permette di vivere in uno stato di rilassamento profondo situazioni analoghe a quelle temute ma con esiti diversi. In cui viverci non come fragili e in difficoltà ma forti e in grado di determinare la nostra vita.

La pratica della Mindfulness in terapia per superare la paura dell’abbandono

Anche pratiche meditative come la Mindfulness possono avere una buona utilità. La Mindfulness in terapia è un acceleratore di processi, uno strumento essenziale in grado di incrementare insight e consapevolezza. La terapia ha fra i suoi tanti obiettivi quello di incrementare la consapevolezza dei propri processi interni e automatismi, oltre che a trasformarli. La Mindfulness si focalizza esattamente su questo.

Grazie alla pratica costante, quotidiana, è possibile educarci ad essere sempre più presenti a noi stessi. Meditando diveniamo consapevoli di ciò che ci nutre e ciò che ci intossica, sviluppiamo un’esperienza sempre più completa e dettagliata di noi stessi. Oltre a ciò diveniamo sempre più in grado di autoregolarci e gestire i nostri processi interni.

In questo post spiego quali sono le origini e i tanti effetti benefici della meditazione.

Nella gestione della paura dell’abbandono la Mindfulness può aiutarci a sviluppare un maggiore autocontrollo, serenità, contentezza, calma. Praticando ogni giorno possiamo sempre più affacciarci al nostro mondo interno, riuscendo a percepire come meno totalizzante la paura di essere abbandonati, di sperimentare il dolore. Nel tempo inizieremo a sentirci più stabili e sicuri, consapevoli di ciò che è meglio per noi e maggiormente in grado di agire di conseguenza.

Un intervento integrato per superare la paura dell’abbandono

Questi e altri strumenti ancora possono aiutare a superare sempre più la paura dell’abbandono. Come detto ciascuno di noi è diverso e non è quindi possibile generalizzare ma, in genere, affrontando la questione da diversi fronti è più facilmente possibile risolverla.

Ciò che si dimostra utile, soprattuto in psicoterapia, è un intervento integrato, ritagliato sulla specificità della persona, che riesca a comprenderne e armonizzarne tutti gli aspetti.

In ogni caso l’elemento terapeutico più forte rimane comunque la vita stessa e la nostra capacità in essa di andare a modificare vecchi modelli di pensiero e comportamento. Spingerci ad affrontare ciò che temiamo è già in sé buona parte della cura.

Se vuoi approfondire in questo video parlo ancora della paura dell’abbandono e di alcuni suoi aspetti. Buona visione.