Ipocondria, sintomi e intervento

L’ipocondria è un disturbo che riguarda un’eccessiva, persistente e sproporzionata preoccupazione per la salute. Chi ne soffre dedica molto tempo e molta energia a pensare alla propria salute, attraverso controlli attenti e accurati del proprio corpo. Il disturbo ipocondriaco induce a cercare aiuto e rassicurazioni sui propri sintomi, rivolgendosi  a professionisti e familiari, cercando freneticamente informazioni su internet.

L’ipocondria compromette e deteriora il funzionamento lavorativo, sociale e relazionale della persona, inficiandone la qualità della vita. Nei casi più estremi l’ipocondria può divenire tale da ossessionare il pensiero e costringere la persona a tutta una serie di azioni disfunzionali per cercare di contrastare l’intensa angoscia.

Vivere con una persona ipocondriaca può essere complicato. Nonostante le diverse rassicurazioni o suggerimenti l’ipocondriaco non riesce a smettere di pensare alle malattie e a ciò che potrebbe capitargli.

I sintomi dell’ipocondria

Le persone che soffrono di questa intensa paura delle malattie sono così allarmate circa il proprio stato di salute, da interpretare ogni segnale del corpo come conferma di una grave malattia.  Sono convinte di essere malate, vivono costantemente in allerta, controllando minuziosamente il proprio corpo e ricorrendo di frequente a esami diagnostici o terapie mediche oppure evitandole per paura della sicura diagnosi infausta.

Nel DSMV, il manuale diagnostico per i disturbi mentali il disturbo ipocondriaco non è più presente con questo nome. Attualmente viene classificato come disturbo d’ansia di malattia. Questo cambiamento è importante in quanto rende evidente come il disturbo ipocondriaco sia un disturbo d’ansia a tutti gli effetti.

I criteri diagnostici del DSM V sono:

disturbo da ansia di malattia. Per porre diagnosi per tale disturbo sono richiesti i seguenti criteri:

  • La preoccupazione persistente di poter avere o poter contrarre una malattia grave.
  • I sintomi somatici non sono presenti o, se presenti, sono solo di lieve intensità. Laddove sia presente un’altra condizione medica o vi sia un rischio elevato di svilupparla, la preoccupazione risulta eccessiva o sproporzionata.
  • La persona presenta uno stato di ansia e allerta circa il proprio stato di salute.
  • Si manifestano comportamenti eccessivi rispetto al controllo e al monitoraggio del proprio corpo, oppure si mettono in atto strategie di evitamento disfunzionali come rimandare le visite mediche.
  • La preoccupazione per la malattia è presente da almeno 6 mesi, in questo periodo la specifica malattia può cambiare.
  • Non è presente un altro disturbo, come il disturbo da sintomi somatici, il disturbo di panico, il disturbo d’ansia generalizzata, il disturbo di dismorfismo corporeo, il disturbo ossessivo-compulsivo o il disturbo delirante, tipo somatico.
Ipocondria

Ansia e ipocondria

Tale disturbo d’ansia comporta la preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia non diagnosticata. I sintomi somatici sovente non sono presenti, oppure sono di lievissima entità. Di solito, una valutazione completa non riesce a identificare una grave condizione medica, tale da giustificare la preoccupazione dell’individuo.

La preoccupazione può nascere da un segno o da una sensazione fisica non patologica, il disagio dell’individuo non proviene principalmente dal sintomo in sé, quanto piuttosto dalla sua ansia per il senso, il significato o la causa del sintomo lamentato (la sospetta diagnosi medica).

Gli individui ipocondriaci si allarmano facilmente riguardo alla salute e alle malattie, anche solo sentendo che qualcun altro si è ammalato o leggendo una notizia.

Inoltre, le loro preoccupazioni riguardo la salute, o su una malattia non diagnostica, non rispondono alle appropriate rassicurazioni mediche, agli esami diagnostici negativi o al decorso benigno. Anzi, in alcuni casi, le rassicurazioni mediche potrebbero aumentare le preoccupazioni circa la malattia. 

L’ ansia per la malattia diviene un elemento fondante l’identità e centrale per l’immagine di sé. Questo incessante preoccuparsi diventa spesso frustrante per gli altri e può provocare forte tensione all’interno della famiglia. In rari casi, l’ansia conduce a un evitamento disadattivo di situazioni (come ad esempio la visita di familiari malati, o l’esercizio fisico) che “potrebbero” mettere a repentaglio la salute.

Come si sviluppa l’ipocondria e qual’è la sua diffusione

Etimologia del termine

Il termine “ipocondria” deriva da una parte del corpo e, in particolare, dall’ipocondrio, la parte superiore e laterale della cavità addominale, dal greco ὑποχόνδρια, υπό (sotto) e χόνδρος (cartilagine del torace). Si pensava che il malessere riportato da diversi pazienti fosse maggiormente localizzato in questa zona. Già Ippocrate si era occupato del male degli ipocondri, definendolo un disturbo dello stomaco e della mente.

In realtà l’analisi clinica non si discostava troppo dalla realtà. A causa del disturbo d’ansia soggiacente, l’ipocondriaco soffre spesso di disturbi addominali e intestinali. Oggi sappiamo come l’ansia intervenga direttamente sul funzionamento intestinale e sia da esso influenzata. Questo a causa, in particolare, del nervo Vago che collega direttamente i due sistemi.

Sviluppo della malattia

L’esordio dell’ipocondria è poco definito. In generale si presenta la prima volta nei giovani adulti e permane fino alla mezza età. Potrebbe diventare una condizione pervasiva e aggravarsi nel caso non avvenga un intervento di cura efficace.  Vi è un aumento dell’ansia collegato all’avanzare dell’età, mentre nell’infanzia il disturbo è molto raro, se non secondario a quadri di malattia più complessi. 

Epidemiologia

La prevalenza dell’ipocondria è tra l’1,3 % ed il 10% della popolazione. Non si riscontrano differenze tra maschi e femmine nella presenza del disturbo. L’ipocondria può essere scatenata talvolta da un forte stress o da una minaccia per la vita dell’individuo. Una storia di abuso o di grave malattia durante l’infanzia può predisporre allo sviluppo del disturbo nell’età adulta. In età avanzata l’ipocondria sembra maggiormente associata alla solitudine.

Difficoltà associate con l’ipocondria

L’ipocondria è facilmente associata a disturbi depressivi. È appurato che circa i due terzi degli individui con disturbo ipocondriaco potrebbero sviluppare con facilità difficoltà psichiche aggiuntive, come ad esempio i disturbi somatici e i disturbi di personalità.

Per diagnosticare correttamente l’ipocondria è necessario differenziarla da altri disturbi affini. In molte condizioni mediche, per esempio, quando una persona è affetta da una malattia, è normale manifestare uno stato d’ansia. Tuttavia, se quest’ansia è sproporzionata rispetto alla gravità della malattia e non si limita nel tempo, potrebbe rientrare nel disturbo ipocondriaco.

Nel disturbo da sintomi somatici sussiste una sintomatologia fisica concreta e ben individuabile nel paziente, mentre nell’ipocondria i sintomi sono minimi ed è la preoccupazione del paziente ad essere rilevante e discordante. In altri disturbi d’ansia, come ad esempio gli attacchi di panico, le preoccupazioni sono generali o legate strettamente a ciò che è scatenato dall’episodio. Nel disturbo ossessivo-compulsivo i pensieri possono riguardare la salute, ma risultano intrusivi e riguardano il timore di contrarre una malattia futura, mentre l’ansia da malattia riguarda la situazione presente. Inoltre nell’ipocondria non si riscontrano ossessioni e compulsioni.

Anche nel disturbo depressivo possono essere presenti preoccupazioni circa il proprio stato di salute o l’insorgenza di malattie, tuttavia, tali pensieri sono legati agli episodi depressivi e non hanno la continuità tipica del disturbo ipocondriaco. In linea generale, possiamo affermare come la persona sia consapevole che la malattia che sospetta non è presente, ma ne avverte comunque i sintomi non riuscendo a liberarsi dall’idea di essere malata.

Aspetti psicologici e caratteriali coinvolti 

L’ipocondria è uno tra i disturbi in maggior crescita da un paio di decenni a questa parte. Con molta probabilità questa crescita va di pari passo con la tendenza, o forse l’illusione, iper moderna di “mantenere il controllo”  tipica dell’epoca in cui viviamo. 

Nella fattispecie, dal momento che abbiamo a nostra disposizione maggiori conoscenze e strumenti diagnostici accurati e validi, si diffonde la credenza di poter mettere sotto controllo l’esistenza e l’ineluttabilità della vita. Interessante è, ad esempio, l’emergente fenomeno della Cybercondria in cui le persone passano sempre più tempo a visionare ogni genere di malattia ricercando su internet. Secondo alcuni la cybercondria non sarebbe altro che l’ipocondria nascosta sotto una nuova veste.

La ricerca del controllo

In questa direzione l’ipocondria rappresenta un tentativo di controllare qualcosa che in buona sostanza appartiene alle leggi della vita. Il paradosso di chi soffre di ipocondria consiste proprio nel fatto che, anziché vivere la propria vita seguendo le passioni e le personali aspirazioni, affronta la vita quotidiana in preda alla paura di essere malato e nell’insicurezza della propria salute.

Come ampiamente trattato, l’ipocondria può costringere la persona che ne è affetta a continue visite mediche, anche molto approfondite, per verificare la fondatezza dei sintomi che percepisce. Un riscontro negativo da parte del medico non arresta il comportamento del paziente, che continua a chiedere attenzione sulle sue presunte malattie. Tali convinzioni possono far sì che la persona si limiti nella vita di tutti i giorni: come se fosse malato, pur non avendo nessun elemento che confermi tale ipotesi. Il che inficia significativamente le relazioni interpersonali, il lavoro e i rapporti familiari.

Secondo il modello di psicoterapia relazionale, si può affermare che chi soffre di ipocondria viva la propria vita all’interno di una prospettiva esistenziale, tesa ad allontanare gli stati affettivi, ponendo il focus sul corpo e la salute fisica. Lo stile prevalentemente adottato è, in effetti, quello del controllo

In linea generale, i pazienti di questo genere hanno forti difficoltà a dare la fiducia necessaria agli altri per poter essere con loro in un’intimità profonda. Le loro strategie disattivanti creano delle difficoltà relazionali. In effetti queste persone tentano ad ogni costo di mantenere il controllo nella loro vita: dal loro corpo alla relazione, dalla famiglia agli affetti. Con più precisione, la perdita del controllo potrebbe significativamente minacciare l’identità, l’autosufficienza e l’autonomia, aspetti così importanti e imprescindibili. 

Incorporare gli affetti

Un altro meccanismo piuttosto tipico è la tendenza a incorporare gli affetti. I sentimenti, gli stati d’animo, le preoccupazione della vita quotidiana tendono ad essere assorbite dal corpo ed espresse attraverso i suoi segnali che, con particolare incidenza, nell’ipocondriaco sono interpretati come evidenza di una grave malattia.

Nella fattispecie, per l’ipocondriaco può essere importante riconoscere che, dietro le preoccupazioni eccessive per il corpo e la loro salute, possano esserci sentimenti di paura, sconforto e malinconia circa il senso della vita e la loro identità. È stupefacente come – nel lavorare con individui che manifestano ipocondria –, una volta presa coscienza del proprio corpo e del senso che tale preoccupazione ha nella vita di tutti i giorni, gli individui riacquisiscano un senso di sé stabile e un’energia vitale capace di far riemergere dalla spirale negativa in cui sono entrati.

La paura della sofferenza e della morte

Un grande tema da affrontare nel corso di una terapia per il disturbo d’ansia da malattia è quello della paura della sofferenza e della morte. Per evitare di affrontare l’inevitabile, l’ipocondriaco continua a monitorare il proprio stato di salute, mettendo in atto le strategie disfunzionali descritte.

La grande contraddizione diviene tuttavia che per evitare il dolore e la sofferenza la persona, che soffre di questo disturbo, si condanna ad un logorio costante, all’impossibilità di vivere appieno la vita. Rimanere costantemente vigili rispetto a ciò che accade costringe, per assurdo, a non vivere il presente. Come vedremo vi è una differenza sostanziale fra un’ipervigilanza angosciata e una presenza calma e consapevole.

Apparentemente i due stati potrebbero sembrare analoghi ma la motivazione che li guida e gli effetti che procurano sono del tutto diversi.

Intervento efficace per il disturbo di ansia da malattia

Il soggetto affetto da ipocondria è intrappolato in una spirale viziosa che rende vani i tentativi di rassicurazione e le valutazioni critiche che esso rivolge alla propria condizione. I tentativi di rassicurazione – ricerche di informazioni su internet, pareri continui chiesti ai familiari, visite mediche, esami specialistici – solitamente non funzionano o solo temporaneamente e, soprattutto, in molti casi acuiscono i timori ipocondriaci. Nello specifico, la terapia per il disturbo d’ansia da malattia potrebbe essere orientata su più livelli: farmacologico, psicoterapeutico o integrato (nei casi maggiormente complessi). 

La psicoterapia per l’ipocondria

La psicoterapia è ritenuta a oggi una forma di intervento che può dare buoni risultati e affrontare con successo l’ipocondria. Chi soffre di ipocondria interpreta erroneamente le sue sensazioni corporee e ve ne attribuisce una pericolosità esagerata rispetto alla realtà. L’intervento di psicoterapia è volto a disputare l’idea che i sintomi sperimentati siano generati da una grave malattia, costruendo un’ipotesi alternativa, più adeguata e vicina alla realtà. 

Il paziente, intrapresa la psicoterapia, viene guidato attraverso un percorso atto a renderlo maggiormente consapevole dei personali stati affettivi, dei meccanismi che governano il suo comportamento, e del modo in cui funziona la sua mente. Con l’aiuto del terapeuta vengono individuati i circoli di mantenimento del disturbo e le sue ripercussioni sugli aspetti comportamentali, con un graduale miglioramento della qualità della vita, fino a quel momento compromessa dal timore di avere una grave malattia.

Lavorare sul disturbo d’ansia

Come spiegato l’ipocondria è un disturbo d’ansia. Per intervenire su di essa è necessario acquisire una serie di conoscenze e competenze per gestire l’ansia. L’ansia è uno stato naturale, utile per affrontare le prove della vita. Noi esseri umani attiviamo il circuito dell’ansia quando sentiamo di non avere abbastanza risorse per fronteggiare una situazione. L’ansia arriva, attivandoci e innescando una serie di processi neurovegetativi che ci permettono di essere più pronti e attenti.

Il problema nasce quando l’ansia diventa tale da non consentire più uno stato di rilassamento e calma. È come rimanere sempre attivati senza più riuscire a fermarsi. Nel disturbo d’ansia da malattie entriamo in ansia perché pensiamo erroneamente che ci stia per capitare qualcosa. L’ansia arriva e ci attiviamo, mettendo in atto diverse strategie. Il problema è che esse non risolvono il problema, che non è la malattia in sé, ma la paura di averla. Il risultato è che l’ansia aumenta.

Associati all’ansia vi sono anche tutta una serie di comportamenti su cui è necessario lavorare in terapia, come un numero eccessivamente ridotto di ore di sonno, un’alimentazione scorretta, la scarsa attività fisica, l’uso di sostanze che diminuiscono la nostra facoltà di autoregolazione degli stati interni, come alcool o droghe di vario genere.

La Mindfulness per gestire sempre meglio gli stati ansiosi

Una tipologia di intervento utile per poter imparare a gestire l’ansia è di certo la Mindfulness. La Mindfulness è considerata oggi uno degli interventi più efficaci per gestire ansia e stress. Anche nel caso dell’ipocondria la Mindfulness può rivelarsi uno strumento efficace, in grado di aiutare notevolmente nella gestione dei pensieri che si sviluppano durante la presunta malattia.

La Mindfulness è una pratica di consapevolezza che aiuta a divenire sempre più in grado di ascoltare se stessi. Grazie alla pratica continua possiamo sviluppare quelle aree del cervello fondamentali per mantenere un monitoraggio sano dei nostri stati interni.

Nel disturbo di ansia da malattia la persona costantemente monitora il proprio corpo alla ricerca di sintomi che vadano a giustificare il proprio malessere. Questo tipo di monitoraggio patologico o ipervigilanza è caratteristico dell’ansia e, in particolar modo, nel disturbo ipocondriaco. Il passaggio fondamentale a cui si assiste con la pratica meditativa è l’incremento di un monitoraggio più sano e consapevole. Grazie alla pratica meditativa si raggiunge un sano distacco emotivo che permette di essere consapevoli di se stessi, ma senza correre dietro ai pensieri negativi e alle ruminazioni che incrementano ipervigilanza e ansia.

La Mindfulness permette proprio di ridurre significativamente quei pensieri che costantemente ricorrono e che non fanno altro che alimentare la paura.

Ipnosi e ipocondria

Un altro strumento utile per lavorare sull’ipocondria è di certo l’ipnosi. L’ipnosi aiuta a gestire meglio il controllo, a lasciarsi andare, a rilassarsi. Grazie ad opportune induzioni ipnotiche è possibile facilitare uno stato di maggior benessere, aiutare a rientrare in contatto con il corpo, riequilibrare i nostri stati interni.

L’ipnosi, in un ambito di psicoterapia, offre molti vantaggi e possibilità di utilizzo. Uno di questi è quello di andare a ricordare gli eventi che hanno dato origine al disturbo d’ansia di malattia e iniziare a intervenire su di essi. Spesso l’ipocondria nasce proprio da esperienze che possiamo aver vissuto fin da piccoli.

Un classico esempio è quello di persone che fin da bambine sono state immerse in un clima familiare in cui l’ansia e la preoccupazione per la malattia erano eccessive, oppure, al contrario, in cui accadevano fatti reali e gravi senza che nessun adulto si occupasse di parlarne e aiutare il bambino a comprendere.

Le traiettorie di sviluppo sono diverse e dipendono dalla storia di ciascuno. Di certo un passaggio fondamentale in psicoterapia è andare a ricostruire lo strutturarsi del disturbo così da poter intervenire di conseguenza.

Quando il disturbo d’ansia da malattia nasce dal trauma

Altro aspetto rilevante da trattare in psicoterapia è quando il disturbo d’ansia nasce da eventi traumatici. Si potrebbe trattare di eventi relazionali di minor intensità, ma ripetuti nel tempo, oppure di traumi importanti come morti improvvise, abusi, incidenti gravi. In questo caso, proprio andando a ricostruire la storia, sarà possibile comprendere come la psiche abbia reagito all’evento scatenante, mettendo in atto una serie di strategie (come l’ipervigilanza) che risultano tuttavia disfunzionali.

Individuati gli eventi specifici sarà possibile andare a lavorare sui traumi del passato con tecniche e metodologie adatte come l’EMDR, facilitando il processo di guarigione.

Il focus in terapia è quello di sviluppare una maggiore reale consapevolezza rispetto ai propri processi interni, che aiuti a comprendere come l’eccessiva preoccupazione della malattia non nasca da una percezione reale ma semmai da un processo ansioso che si è sviluppato nel tempo.

Riattivare l’emisfero destro

Sarebbe bene infine, per chi soffre di ipocondria, apprendere a utilizzare l’emisero destro con i suoi processi creativi. Così facendo, si facilitano i processi di integrazione e connessione tra l’emisfero sinistro, più dedito alla logica e all’organizzazione – che funziona estremamente bene in queste persone – e l’emisfero destro. Il che sosterrà il riappropriarsi e il (ri)sentirsi protagonisti della propria vita. In questa direzione, l’arte, la musica, il teatro e le attività che riguardano il corpo, possono essere di grande aiuto a chi vuole superare l’ipocondria.

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