Quali sono i reali effetti dell’ipnosi sul cervello? Che cosa accade quando siamo in una trance ipnotica? Effettivamente possono essere riscontrate delle modificazioni nel cervello?
Queste e altre domande hanno affascinato molti negli ultimi decenni. Per clinici e ricercatori la questione è stata cercare di comprendere i reali meccanismi implicati nel processo ipnotico. L’ipnosi è una pratica che affascina e colpisce l’immaginazione di moltissime persone. Solo ultimamente tuttavia, grazie ai nuovi strumenti di indagine del cervello, ci è possibile comprendere meglio quali siano i reali effetti dell’ipnosi sul cervello.
Che cos’è l’ipnosi
L’ipnosi può essere definita come uno stato di coscienza modificato dove grazie all’induzione dell’ipnoterapeuta la persona sperimenta una condizione di benessere, una diminuzione della componente critica del cervello e un aumento di quella immaginativa. In uno stato di induzione ipnotica grazie al “rapport” creato con il terapeuta si è più soggetti a immagini e suggestioni che prendono vita dentro di noi.
L’ipnosi nel corso della storia è stata utilizzata in diversi modi e ambiti. Oggi viene applicata principalmente in ambito clinico. Nella clinica, in particolare, esistono diverse tipologie di ipnosi fra cui l’ipnosi metaforica, l’ipnosi regressiva e quella medica.
La trance ipnotica viene definita come uno stato di coscienza in cui la volontà subisce una diminuzione per permettere di vivere esperienze più simboliche, simili al sogno. Hypnosis dal greco significa appunto sogno.
Le evidenze mostrano come il trattamento ipnotico possa essere uno strumento utile in diversi casi clinici come ad esempio ansia, depressione, fobie, disturbo post traumatico da stress. Grazie oggi ai diversi strumenti di indagine neuronale, la ricerca si sta sempre più spostando verso lo studio degli effetti dell’ipnosi sul cervello.
Siamo tutti ipotizzabili?
In realtà esistono scale, come quella di Stanford, per valutare il livello di ipotizzabilità di ciascuno. In genere si è riscontrato come un 10% risulti altamente ipnotizzabile, un 10% poco, se non, ipnotizzabile e il rimante 80% mediamente ipnotizzabile.
Gli studi, come vedremo, stanno cercando di comprendere da cosa dipenda la maggiore o minore ipnotizzabilità di ciascuno. Soprattutto ci si sta interrogando se sia possibile modificare il livello di ipnotizzabilità in relazione alla risposta neuronale.
In ambito clinico è spesso evidente come la capacità a lasciarsi andare, tipica dell’ipnosi, dipenda spesso anche dal percorso seguito in terapia.
Gli effetti dell’ipnosi sul cervello
Negli ultimi due decenni sono infatti stati raggiunti notevoli progressi per quanto riguarda la nostra comprensione dei correlati neurofisiologici della condizione ipnotica e nella nostra comprensione dell’efficacia di trattamenti ipnotici per varie condizioni cliniche.
La corteccia prefrontale mediale
McGeown et al. hanno trovato, ad esempio, che la risposta a un’induzione ipnotica è associata a una maggiore riduzione selettiva dell’attività della corteccia prefrontale mediale nello stato di riposo in individui maggiormente suggestionabili, rispetto a quelli con valori più bassi di suggestionabilità.
La corteccia prefrontale mediale sembra essere una regione specificamente dedicata all’apprendimento e alla previsione della probabilità dei risultati delle azioni. In effetti la clinica insegna che le persone maggiormante in grado di “lasciarsi andare” all’induzione ipnotica sono anche quelle più in grado di sospendere il giudizio circa l’attesa dell’esperienza stessa.
Gli studi di connettività funzionale con fMRI (risonanza magnetica funzionale) hanno anche dimostrato che i soggetti più in grado di essere ipnotizzati mostrano un volume maggiore nel corpo calloso (Horton et al. 2004) la zona fra i due emisferi composta dagli assoni che mettono in connessione queste due zone principali del cervello, mediale prefrontale e nella corteccia cingolata anteriore (Huber et al., 2014, McGeown et al., 2015).
Una ricerca preliminare indica anche che la risposta ipnotica potrebbe essere migliorata da procedure che riducano selettivamente l’attività nella corteccia prefrontale, suggerendo che l’inibizione delle funzioni psicologiche supportate da questa regione possa migliorare la risposta alla suggestione.
Cumulativamente, questi risultati suggeriscono ruoli cruciali per le regioni delle cortecce cingolata prefrontale e anteriore nella suggestionabilità ipnotica e nella risposta differenziale alle induzioni ipnotiche.
Clinica, ipnosi e cervello
Come l’esperienza clinica insegna, l’ipnotizzabilità della persona è strettamente connessa alla capacità di lasciarsi andare, di rilassarsi, in buona sostanza di fidarsi del terapeuta e del contesto terapeutico.
Già da sé l’esperienza ipnotica ha importanti risvolti terapeutici proprio per questa capacità, acquisita spesso durante il percorso di psicoterapia più canonico, a lasciarsi andare.
Ciò che per i clinici che utilizzano regolarmente l’ipnosi è pratica quotidiana, oggi viene confermato dagli studi di neuroimaging.
Sebbene i meccanismi neurofisiologici sottostanti l’ipnosi non siano ancora delineati in modo completo, la ricerca ha costantemente dimostrato che i cambiamenti soggettivi in risposta alla suggestione sono associati a corrispondenti cambiamenti nelle regioni del cervello, correlate alla specifica funzione psicologica in questione.
Tali studi hanno così dimostrato che le suggestioni ipnotiche possono avere effetti localizzati specifici, influenzando l’attività nelle regioni corticali e sub-corticali.
Solo suggestione o realtà?
Cumulativamente, il corpo di ricerca finora prodotto indica che gli effetti percepiti dell’ipnosi e della suggestione ipnotica hanno chiari effetti sull’attività cerebrale, sostenendo che questi effetti sono “reali“. I soggetti ipnotizzati non si limitano a fingere quando riferiscono profondi cambiamenti nella loro esperienza soggettiva. Questa serie di ricerche ha anche iniziato a aiutarci a capire le aree del cervello e gli schemi di attività che sono alla base della risposta ipnotica in generale e della risposta a specifiche suggestioni ipnotiche.
Di fatto le suggestioni ipnotiche hanno effetti specifici sul nostro cervello.
Tali effetti sono empiricamente confermati anche dall’ormai ampia mole di ricerche che dimostrano l’efficacia dell’ipnosi in diversi ambiti. Per il trattamento del dolore (Patterson e Jensen 2003, Hammond 2007, Tome-Pires e Miro 2012 ), nella sindrome dell’intestino irritabile (Schaefert et al., 2014) nel disturbo da stress post-traumatico (PTSD) (Rotaru and Rusu 2016).
Prove limitate – confermate da studi clinici su larga scala – indicano che i trattamenti ipnotici possono essere efficaci anche per una vasta gamma di altri problemi e condizioni come la depressione (Alladin e Alibhai 2007), l’ansia (Hammond 2010) e il fumo problematico (Lynn et al. 2010). Inoltre, la ricerca indica che l’ipnosi e le tecniche ipnotiche possono essere combinate con trattamenti non ipnotici per migliorare l’efficacia di quest’ultimo (Kirsch et al., 1995, Jensen et al., 2011).
Un trattamento ipnotico all’interno di un percorso più strutturato di psicoterapia sembra dare risultati sempre più efficaci in diversi ambiti.
New directions in hypnosis research: strategies for advancing the cognitive and clinical neuroscience of hypnosis (2017)
Mark P. Jensen, Graham A. Jamieson, Antoine Lutz, Giuliana Mazzoni, William J. McGeown, Enrica L. Santarcangelo, Athena Demertzi, Vilfredo De Pascalis, Eva I. Banyai, Christian Rominger, Patrik Vuilleumier, Marie-Elisabeth Faymonville, Devin B. Terhune
Neuroscience of Consciousness (2017) 3 (1): nix004.