La profezia che si autoavvera è un meccanismo ben noto alla moderna psicologia, che ha radici antiche.
Quando ci convinciamo di una cosa, e iniziamo ad agire come se essa fosse reale, di fatto, quella cosa diventa sempre più reale.
Il sociologo americano William Thomas diceva: “Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze”.

Il concetto è semplice. Noi esseri umani siamo esseri dotati di senso, che costantemente costruiscono significati. Il significato che diamo agli eventi della nostra vita, e alle situazioni che viviamo in essa, definisce il nostro atteggiamento, i nostri pensieri, il nostro modo di comportarci.
Come un nastro di moebius, che costantemente ritorna su se stesso, il nostro comportamento influenzerà la realtà, facendola diventare semper più affine al nostro sistema di credo originario.
Un chiaro esempio della profezia che si autoavvera, o che si autoadempie, ci viene dal mito.
La profezia che si autoavvera e il mito
Narciso era solo un bambino quando la madre decise di non fargli mai vedere la sua immagine riflessa. Preoccupata per il suo destino, Liriope, la madre di Narciso, aveva consultato l’indovino Tiresia, il quale predisse che Narciso avrebbe raggiunto la vecchiaia “se non avesse mai conosciuto se stesso.”
Nella versione romana del mito, la profezia di Tiresia costrinse Liriope ad agire e nascondere Narciso da se stesso. Quando Narciso crebbe era talmente bello da far innamorare tutti coloro che incontrava. Tuttavia, per orgoglio e vanità, non si lasciava avvicinare da nessuno, causando grandi sofferenze a tutti.
In particolare Narciso fu particolarmente crudele con una ninfea di nome Eco, che infine si consumò nell’amore per lui, fino ad annientare se stessa e a lasciare di sé solo una tenue voce. Arrabbiati, gli dei vollero punire Narciso, che, quando vide per la prima volta la sua immagine riflessa in una pozza d’acqua, si innamorò perdutamente di se stesso. Compreso tuttavia che l’immagine riflessa era la sua, soffrì talmente tanto da morire. Non avrebbe mai potuto avere quel giovane bellissimo.
La profezia si era autoavverata.
Anche nel mito di Edipo assistiamo ad una situazione analoga.
Sentita la profezia che suo figlio l’avrebbe ucciso, Laio lo abbandonò a morire. Edipo sopravvisse adottato da genitori che lo amarono molto. Quando Edipo venne a sapere del suo destino, convinto che i suoi genitori fossero quelli adottivi andò via per paura della profezia e, incontrato un uomo, lo uccise sposandone la vedova. L’uomo ucciso era Laio, il padre che lo aveva abbandonato. La profezia si era avverata a causa dei tentativi fatti per evitarla.
Quando il nostro sistema di credo diventa realtà
Lo stesso meccanismo influenza costantemente le nostre vite. Anche senza andare da un indovino, ci convinciamo spesso di tutta una serie di credenze che guidano poi il nostro agire. Per paura di qualcosa che spesso abbiamo solo intuito, modifichiamo la nostra percezione e le nostre azioni, andando a causare proprio quel male che temiamo.
Questo accade su diversi livelli: nelle relazioni sociali, negli affetti, al lavoro, con noi stessi.
Se, per esempio, temiamo di fallire, molto probabilmente inizieremo a mettere in atto una serie di comportamenti volti a prevenire la delusione del fallimento. Comportamenti che potrebbero prevedere un minor impegno o vere e proprie condotte sabotatrici. Il risultato sarebbe ovviamente quello di fallire.
Un altro esempio è quello dell’insicurezza: temendo di non andare bene agli altri o di non essere in grado, evitiamo i contatti sociali o facciamo maggiormente fatica in essi. Il risultato è semplicemente che le relazioni non funzionano, andando ad alimentare ancora più quel senso di insicurezza.
Come liberarsi dalle profezie che si autoavverano
Il primo passo per non essere vittime delle profezie che si autoavverano sta nel comprenderne il meccanismo. La nostra attenzione tende ad essere selettiva. Quando ci focalizziamo su un pensiero o un oggetto in generale, tendiamo a notare sempre più quello stesso oggetto senza più riuscire a notare ciò che accade intorno.
Prova, ad esempio, a seguire le istruzioni di questo video.
Riuscito? Molti non riescono al primo colpo.
Allo stesso modo siamo spesso così presi dalle nostre idee e convinzioni da non riuscire a notare ciò che effettivamente accade nella nostra vita.
Comprendere questo ci dovrebbe spingere a mettere molto più in discussione il nostro sistema di credo e le nostre convinzioni più profonde. Soprattutto quando queste iniziano a influenzare pesantemente la nostra vita. Un seme può diventare un albero, sia esso “buono” o “cattivo”.
L’effetto Rosenthal in psicologia
In psicologia un esempio di profezia che si autoavvera è quello denominato come “effetto Rosenthal”. Rosenthal è un ricercatore che per studiare l’influenza sociale assegnò casualmente a due gruppi distinti dei bambini con un quoziente intellettivo analogo. Disse poi agli insegnati che quelli del primo gruppo erano più dotati di quelli del secondo. Dopo un anno i bambini del primo gruppo, che all’inizio avevano in realtà raggiunto gli stessi risultati degli altri, erano tutti migliorati di molto, superando nettamente l’altro gruppo dei “normali”. Ciò dimostrò quanto il punto di vista degli insegnanti fosse in grado di condizionare i risultati degli studenti.
Anche in questo caso la profezia si era avverata.
Ovviamente questi studi, come quelli del parent leveling, che studiano l’influenza del punto di vista dei genitori sullo sviluppo dei figli, sono fondamentali per comprendere quanto il nostro ruolo di genitori o educatori possa impattare sulla vita dei più piccoli.
Questi studi possono anche aiutarci molto a comprendere quanto le nostre credenze ci influenzino ogni giorno spingendoci poi a crearci delle convinzioni sempre più radicate.
Spezzare il circolo vizioso della profezia che si autoavvera
In realtà noi esseri umani abbiamo molto più libero arbitrio di quanto pensiamo, eppure esso è legato profondamente alla nostra consapevolezza. In particolare alla consapevolezza di noi stessi e dei processi che influenzano la nostra vita.
Come diceva Jung “chi non conosce l’inconscio lo chiama destino”. La grande sfida della vita sta nell’imparare a conoscere noi stessi, le leve che ci muovono nel profondo, le credenze che, assimilate nell’arco della vita, ci condizionano dirigendo le nostre azioni.
Il senso che diamo alla vita guida la vita stessa, ma questo senso dipende da fattori che possiamo imparare a conoscere, intervenendo sul nostro modo di interpretare quanto accade.
In questo percorso di conoscenza e introspezione noi esseri umani ci giochiamo buona parte della nostra libertà. E’ comprendendo quali siano le nostre più profonde motivazioni che possiamo dirigere consapevolmente la nostra vita.
Esiste un destino preordinato?
Se esista o meno un destino preordinato è una questione antica che da sempre viene discussa fra chi pensa che tutto sia causale e chi ritiene che vi sia un disegno più ampio. Certo è che le nostre azioni hanno delle conseguenze.
Se imparo ad essere socievole la probabilità che io riesca a conoscere nuove persone aumenta. Se vivo da solo su un isola no. In generale tuttavia il nostro impegno viene ripagato, in un senso o nell’altro.
Se convinto di un’idea e mi comporto di conseguenza, con buona probabilità rischierò di far avvenire proprio ciò che temo. Forse dovremmo imparare a tenere nel giusto conto indizi e suggerimenti, ma mantenere chiaro a noi stessi quanto il nostro sforzo personale possa fare la differenza nella vita.
Potranno esserci condizioni più o meno favorevoli, che dipendono dalla nostra indole innata, dal sistema familiare e sociale di appartenenza, e forse anche dagli astri, ma, di certo, l’impegno per trasformare la nostra vita può tanto, e questo ci viene insegnato dalla storia. Anche solo guardare intorno a noi quanto l’uomo sia stato in grado di costruire è testimonianza del potere della volontà umana.
L’uomo può realizzare ciò in cui crede. Il più è renderci conto di ciò in cui crediamo e decidere se vogliamo cambiare idea.