Le emozioni represse sono emozioni che rimangono sotto la soglia della nostra consapevolezza e che possono influenzarci notevolmente. Rabbia, paura, vergogna, sono tutte emozioni difficili da accettare e integrare nella nostra coscienza, soprattutto se non siamo abituati a conoscere e gestire il nostro mondo interno.
Una buona educazione emotiva è una componente fondamentale nella crescita di una persona. Tuttavia non abbiamo ancora sviluppato, a livello sociale, una sufficiente attenzione a questo aspetto. Sono ormai passati più di vent’anni da quando Daniel Goleman pubblicò il suo bel libro “intelligenza emotiva“, dando un forte impulso a questo argomento, ma ancora i passi da fare per costruire una solida cultura delle emozioni sono tanti. Ancora oggi si parla poco di questi temi, e le persone fanno fatica a riconoscere e vivere pienamente le proprie emozioni.
In alcuni casi accade inoltre che, a causa di specifiche situazioni, le persone tendano a reprimere le proprie emozioni, divenendo nel tempo sempre meno in grado di riconoscerle e vivere pienamente.

Gli effetti delle emozioni represse
Un’emozione repressa può avere un grande impatto sulla nostra vita fisica, cognitiva, affettiva, relazionale. Se ho paura, ma non ne sono pienamente consapevole, rischierò sempre di comportarmi di conseguenza, evitando le situazioni, o temendo di non essere in grado, o percependo sempre un senso di precarietà. La rabbia repressa potrebbe portarmi a non avere continuità nelle relazioni, a divenire litigioso o a soffrire continuamente dentro, pur mantenendo un’apparente calma.
Le forme che le emozioni represse possono assumere dentro di noi sono variegate. Possono manifestarsi su diversi livelli. A livello fisico potrei riscontrare irrigidimenti, dolori muscolo scheletrici, tensione, stress. A livello cognitivo potrei ritrovarmi distratto, far fatica a concentrarmi, perdere memoria. Nelle relazioni potrei trovarmi spesso a rivivere le stesse situazioni, non accorgendomi di essere io a ripresentare dei modelli relazionali inconsapevoli, che mi portano sempre nello stesso vicolo cieco.
Il grande ruolo delle emozioni
Le emozioni sono emozioni, una componente essenziale del nostro essere umani. Fin dalla nascita proviamo tante, diversificate emozioni: amore, paura, gioia, gratitudine, soddisfazione, tristezza, solitudine. Ogni giorno le emozioni arricchiscono la nostra vita, guidandoci in essa. L’amore ci spinge a legarci, ad appassionarci, a vivere intensamente i legami. La paura ci porta a entrare in uno stato di allarme, di maggior vigilanza, a divenire più presenti e attenti. La rabbia è fondamentale per combattere, difenderci, per cambiare ciò che dentro o fuori non ci piace. Le tante emozioni che possiamo provare ci aiutano a comprendere e vivere la vita stessa.
Oggi, grazie ai più avanzati studi di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI) sappiamo quanto le emozioni influenzino il processo di trascrizione dei nostri geni, andando a regolare il nostro fenotipo. E’ corretto dire che le emozioni sono fra gli strumenti più potenti che noi esseri umani abbiamo per orientare la trascrizione dei nostri geni e, in definitiva, per determinare salute e malattia.
Emozioni represse e emozioni soppresse
La questione importante diventa quella di comprendere come e perché andiamo a reprimere delle emozioni. Una prima distinzione va fatta fra le emozioni represse e le emozioni soppresse. Le prime, come detto, sono emozioni che inconsapevolmente non siamo più in grado di percepire, ma che influenzano la nostra vita. Le emozioni soppresse sono, viceversa, emozioni che consapevolmente scegliamo di mettere da parte, anche in relazione alla situazione specifica che stiamo vivendo.
Potrebbe accadere di trovarcii al lavoro, provare rabbia per il comportamento maleducato di un collega, ma decidere di non manifestare questa dirompente emozione, per mantenere un quieto vivere, ed evitare di entrare in un conflitto che potrebbe solo peggiorare la situazione.
In questo caso la soppressione dell’emozione è volontaria e consapevole. Tornato a casa potrei riflettere sul comportamento del mio collega e cercare di capire, a mente fredda, cosa meglio fare per il futuro. L’emozione potrà così essere gestita. Potrei decidere di parlarne direttamente con il collega, con il capo, rivalutare quanto accaduto ecc… . In genere la capacità di gestire le proprie emozioni consapevolmente è un fattore decisivo che comprensibilmente può migliorare molto la nostra vita interiore, relazionale e sociale.
Quando le emozioni vengono represse.
Ma cosa accadrebbe se continuassi a sopprimere le mie emozioni, se a causa di eventi più grandi di me, o della mia comprensione, continuassi a vivere emozioni dirompenti che mi mettono in difficoltà, o che mi espongono a pericoli reali? Il rischio che potrei correre è quello di iniziare a non accorgermi più delle emozioni provate. Potrei selettivamente perdere sensibilità verso quelle emozioni. Non sentirle potrebbe essere funzionale a farmi gestire meglio la situazione.
Questo accade soprattutto da bambini. Immaginiamo il caso di un bambino di quattro o cinque anni che si trovi costantemente ad assistere ad atti di violenza domestica. Anche solo verbale. Il bambino potrebbe naturalmente provare paura e anche rabbia. Tuttavia, esprimendo naturalmente la sua rabbia potrebbe assistere o subire atti di violenza ancora più intensi. Dopo diversi eventi analoghi, potrebbe selettivamente imparare (più o meno consapevolmente) a non esprimere più la sua rabbia. Nel tempo a non sentirla nemmeno più. Né la rabbia, né la paura.
Questa potrebbe essere la nascita di un’emozione repressa. Crescendo quella persona potrebbe vivere con difficoltà le relazioni affettive interpersonali, provando emozioni discordanti per lei difficili da elaborare, o addirittura non sentendo quasi nulla.
Le traiettorie di vita sono moltissime e gli esempi infiniti. La questione è comprendere come, alle volte, a causa di situazioni dirompenti o continuative nel tempo, possiamo imparare a non ascoltare più le nostre emozioni.
Una mancata educazione emotiva
Un altro fattore che può portare all’instaurarsi di questo meccanismo riguarda gli elementi culturali. Come vengono gestite nella mia famiglia le emozioni? Nel mio gruppo di pari? Nella società in cui vivo? Nella mia nazione? Gli elementi culturali hanno un grande impatto nell’aiutarci, o meno, a comprendere le nostre emozioni e in alcuni casi a spingerci a reprimerle.
Se fin da bambini venissimo aiutati anche solo a dare un nome alle emozioni che proviamo, a riconoscerle e conoscerle, nel tempo svilupperemmo una sempre maggiore intelligenza emotiva. Purtroppo questo non avviene spesso, anzi, in alcune culture si viene educati esattamente al contrario. Molti bambini imparano fin da piccoli cosa si possa o non si possa esprimere. Da adulti, dimentichi del passato, semplicemente ci troviamo a vivere, o non vivere, consapevolmente i nostri stati interni, con tutte le conseguenze del caso.
Imparare a riconoscere le emozioni represse
Potrei ad esempio far fatica a contattare la mia rabbia o la paura e, in generale, anche altre emozioni. Oppure potrei avere una difficoltà selettiva in una specifica emozione, non riuscendo proprio a percepirla.
Come detto le emozioni sono naturali, istintive e biologicamente determinate. Almeno per quanto riguarda le emozioni di base. Secondo una definizione di Robert Plutchik vi sono quattro coppie di emozioni primarie presenti in tutti gli esseri umani:
La rabbia e la paura
La tristezza e la gioia
La sorpresa e l’attesa
Il disgusto e l’accettazione
Un semplice esercizio che potremmo fare per cercare di lavorare sulle nostre emozioni è domandarci e fare caso a come viviamo ognuno di queste emozioni. Qual’è il mio rapporto con la paura? Quale con la rabbia? Riesco a gioire? Lavorando in questa direzione potremmo renderci conto di far fatica con una specifica emozione e iniziare un percorso di sensibilizzazione verso di essa. Potrei, ad esempio, cercare di sentire la paura o la rabbia e, nel tempo, divenire sempre più in grado di accorgermi dei miei stati interni.
In alcuni casi potrei anche ravvisare l’opportunità di intraprendere un percorso di psicoterapia, mirato ad acquisire una maggiore consapevolezza di me stesso, a recuperare e rielaborare il mio passato, per trasformarne in me gli effetti.