La questione degli effetti dei videogiochi sulle nostre menti è di certo complessa e sempre più importante. Su di essa negli ultimi anni la ricerca sta investendo sempre più risorse.
Con un giro d’affari di circa 1,5 miliardi di euro, in crescita ogni anno di circa il 10%, si stima che in Italia il 57% della popolazione fra i 16 e i 64 anni abbia utilizzato un videogioco negli ultimi 12 mesi. Le donne che li utilizzano sono per lo più giovani fra i 25 e 34 (13%) anni. Gli uomini sono soprattuto fra i 25-34 (15%) anni ma anche fra i 35-44 (14%) e 45-54 (13%).
Fra i videogiochi più usati gli action (52%), poi quelli di sport usati soprattutto dai più giovani e a seguire gli altri (fra i più usati Fifa18, Call of Duty e Crash Bandicoot).
La questione per molti è: “I videogiochi fanno bene o male?”
Alcune premesse sull’uso dei videogiochi
In realtà domandarsi semplicemente se i videogiochi facciano bene o male è ormai una domanda relativamente importante. La stessa probabilmente che non troppi anni fa ci siamo fatti sulla televisione e prima ancora sulla radio. Cambiando i mezzi di intrattenimento è normale che ci si ponga delle domande sugli effetti che queste nuove abitudini avranno sulle nostre menti e sulla nostra vita.
Il fatto che tuttavia circa un italiano su due usi i videogiochi in piena linea con il trend mondiale rende evidente come orami si tratti di un fenomeno culturale non più reversibile. Molto più verosimilmente in aumento.
Un’altra premessa importante è che parlare di videogiochi, al pari se vogliamo della televisione, rischia di diventare una generalizzazione pericolosa. Un conto ad esempio se guarderò diversi documentari sull’evoluzione del sistema solare, un altro se passerò lo stesso tempo a vedere film horror di basso livello. Le immagini impresse nella mia mente e l’utilità di quanto sperimentato sarà ben diverso.
Lo stesso vale per i videogiochi. Un mondo in evoluzione contraddistinto da molteplici scenari.
Che cosa hanno in comune tutti i videogiochi
Volendo comunque affrontare l’argomento, anche se di certo in modo non esaustivo, possiamo dire che in comune i videogiochi hanno il fatto di porre la persona di fronte ad un device, che sia uno smartphone, un pc o una console. Di occupare molto tempo nell’arco della giornata (molti giovani riferiscono un uso di una, due ore al giorno) e di rappresentare oggi una delle forme di intrattenimento più diffuse al mondo.
Oltre a questo possiamo dire che ultimamente l’uso dei videogiochi sta diventando un’occasione per genitori e figli di passare maggior tempo insieme e che in certi casi facilita la comunicazione e lo scambio grazie al multiplayer online. In molti grazie a questa possibilità rimangono in contatto con amici o parenti lontani facendo qualcosa di coinvolgente insieme. Aspetto questo che se vogliamo vedere segna un’evoluzione positiva rispetto ad esempio alla televisione, uno strumento di intrattenimento che di certo passivizza ancora di più la relazione.
In ogni caso, salvo casi particolari in cui i videogiochi vengono pensati per specifici apprendimenti e quindi fatti rientrare in un’attività educativa, in generale sono pensati semplicemente per intrattenere e quindi non paragonabili ad altre attività che sempre gli stessi genitori ad esempio possono fare con i figli ottenendo gli stessi risultati e ancora di più. Un esempio potrebbe essere il praticare insieme uno sport o appassionarsi ad un’attività che porti a passare molto tempo insieme magari in luoghi naturali molto belli.
La questione del tempo
In ogni caso, una prima questione critica importante da affrontare, trasversale a tutti i tipi di videogiochi, è la questione del tempo. Se passo ogni giorno più di un’ora, magari tre o quattro davanti a un videogioco, di fatto sto dedicando molta parte della mia vita ad un’attività che molto probabilmente non mi porterà mai frutto e, a volte anzi, specialmente in alcuni casi, delle difficoltà.
La questione del tempo è fondamentale e in generale possiamo dire che vale per molte delle nostre attività nella vita. Perfino lo sport se praticato in misura eccessiva può causare dei danni al nostro corpo. Lo stesso vale di certo per i videogiochi.
Se passo troppo tempo davanti ad un device inevitabilmente avrò delle conseguenze
Soprattutto se l’uso dei videogiochi diviene l’unica mia attività extrascolastica o extralavorativa (o in alcuni casi estremi in assoluto la mia unica attività) allora rischio di avere delle conseguenze importanti che non andrebbero sottovalutate. Una fra tante la questione della socializzazione.
Posso usare anche continui multiplayer chattando con tutto il mondo ma di fatto la mia relazione è mediata da un device. Alcune funzioni riflessive fondamentali della mia mente come l’empatia o la capacità di riconoscere il non verbale altrui verrano inevitabilmente a mancare, andando a diminuire le mie competenze relazionali e sociali.
Passare del tempo in presenza con gli altri è una necessità umana fondamentale che non può a mio avviso essere sostituita. Come detto oggi è sempre più diffuso l’uso dei videogiochi come strumento di socializzazione in famiglia o fra gli amici ma la maggior parte dell’utilizzo avviene comunque sempre in solitaria davanti al proprio device.
Una prima questione è quindi questa. Pensando sopratutto ai più giovani è importante che l’uso dei videogiochi venga regolamentato e magari vissuto anche in compagnia di un genitore così, da un lato per facilitare la comprensione dei tanti contenuti presenti nel videogioco stesso, dall’altro per usare questa “situazione” per migliorare la relazione facendo qualcosa di divertente insieme.
Il Flow e la dipendenza da videogiochi
Un’altra questione importante collegata a quella del tempo è quella della dipendenza.
I videogiochi attivano i circuiti della dopamina, un neurotrasmettitore collegato al piacere. Se passo ogni giorno diverse ore davanti a un videogioco in uno stato di flow, di totale coinvolgimento, è normale che nel tempo si possa innescare un meccanismo di dipendenza.
Quelle di Flow sono esperienze nelle quali la nostra attenzione è completamente coinvolta in compiti non troppo facili e nemmeno troppo difficili. In cui il tempo passa senza nemmeno accorgercene. In questa condizione si è visto come la nostra percezione di benessere aumenti. Se vuoi approfondire parlo di cosa siano le esperienze di Flow in questo post.
Mentre giochi a un videogioco che ti appassiona non pensi ad altro, potresti stare li per ore, giorni, nulla intorno a te è più in grado di distrarti.
Il videogioco inizia così spesso a diventare un bisogno, qualcosa che ci aiuta a stare bene e ad autoregolarci, un compagno di vita, un’attività che in qualche modo ci riempie la vita.
Come tutte le dipendenze a lungo andare l’uso dei videogiochi potrebbe diventare limitante in altri ambiti della mia vita.
Gli effetti dei videogiochi sul cervello
Rispetto al nostro cervello la questione fondamentale è che tutto ciò che ripetiamo con costanza nella vita modella il nostro sistema nervoso e i videogiochi sono spesso una della attività principali di molti ragazzi e ormai di sempre più adulti.
Il punto diventa allora come i videogiochi modellano la nostra mente?
I tanti tipi di videogiochi e le diverse funzioni della mente
Prima di tutto una precisazione. I videogiochi sono tanti. Moltissimi ormai, ognuno con sue caratteristiche peculiari.
Come detto a livello generale possiamo dire che usare un videogioco comporta il passare del tempo o da solo o in compagnia fisica o virtuale ma sempre davanti ad un device, sia esso un computer, un telefonino o una tv con console. Si passa del tempo in uno spazio virtuale che ripropone delle rappresentazioni verosimili della realtà dove la relazione, se c’è, viene mediata da un apparecchio.
In questo “setting” ciascuna tipologia di videogiochi richiederà delle funzioni diverse.
Volendo distinguere i diversi videogiochi per sommi capi potremmo riproporre una classificazione usata dall’AESVI, l’associazione Editori Sviluppatori videogiochi Italiani:
- Azione e avventura
- sport
- guida e gare
- spara tutto in prima persona
- piattaforme e puzzle
- Giochi di ruolo o RPG (role playing games)
- Strategia
- Simulazioni
- I god game
- Picchiaduro
Un picchiaduro ovviamente chiederà al suo utilizzatore delle funzioni cognitive diverse da un gioco di puzzle, tipo Tetris, che a lungo andare andrà a far sviluppare aree diverse del nostro cervello.
Se ad esempio utilizzo spesso un gioco di strategia come gli scacchi, per intenderci, inevitabilmente svilupperò sempre più competenze di astrazione (per immaginarmi le mosse future ad esempio), di strategia oltre che di controllo degli impulsi (a scacchi non si agisce d’impulso).
Questo potrà accadere in parte anche in alcuni giochi di ruolo in cui dovrò seguire una storia complessa e articolata anche se in essi dovrò iniziare anche a combattere attivando centri del mio cervello diversi. In uno “spara tutto” dove tutto è solo azione dovrò sviluppare soprattutto funzioni attentive e visuospaziali oltre che oculomotorie.
La questione neuronale
Ciascuna attività modella diversamente la mia mente.
Quindi la questione è semplice, dipende da che cosa sto facendo in quel dato videogioco e per quanto tempo lo faccio. Sto sparando a caso a qualsiasi cosa che si muove? Sto seguendo una storia complessa e articolata? Sto rivivendo un periodo storico cercando di comprendere meglio come sono andate le cose? O tutte queste cose insieme come in “Call of Duty”?
A seconda di cosa farò e di quanto tempo passerò a farlo il mio cervello si modellerà di conseguenza. In questo post spiego meglio come funziona il nostro sistema nervoso e il concetto di neuroplasticità.
I videogiochi sono uno strumento, una realtà oggi estremamente diffusa che deve probabilmente evolvere verso qualcosa di utile. Di utilizzabile per accrescere in uno spazio controllato diverse competenze utili per la vita di tutti i giorni. Per far questo è necessario che i videogiochi vengano studiati e progettati non solo pensando al profitto delle vendite ma anche agli effetti che avranno sulle menti dei loro utilizzatori.
Una questione ad esempio oggi aperta riguarda i videogiochi più violenti e la questione dell’aggressività che secondo molte ricerche sarebbero in grado di suscitare soprattutto in certe condizioni.
L’effetto dei videogiochi violenti sull’aggressività
Ultimamente sempre più spesso l’uso di videogiochi violenti viene infatti considerato come un fattore determinante nel facilitare il verificarsi di atti di estrema violenza, tra cui gli omicidi di massa che spesso si verificano negli Stati Uniti. Alcuni autori indicano l’uso di questi giochi come una delle ragioni per cui vengono commessi crimini efferati o addirittura come un metodo di training per la violenza. Diversi eserciti in effetti utilizzano i videogiochi per addestrare o mantenere attivo l’addestramento militare dei propri soldati o addirittura per rendere automatico in un contesto bellico il colpire il bersaglio.
L’utilizzo di contenuti non adeguati
Negli Stati Uniti si registra un tasso molto alto di violenza fra i giovani, soprattutto maschi (incluso il numero di omicidi), il più alto di qualunque altro paese sviluppato.
Più del 90% dei bambini americani, incluso il 97% degli adolescenti, usa i videogiochi e di questi il 64% ha dei contenuti violenti.
In Italia, sempre secondo l‘Aesvi, la metà dei 20 titoli più venduti ha contenuti violenti. L’Isfe (la Federazione europea dei software interattivi) stima che in Italia circa il 26% dei bambini tra i 6 e i 9 anni usi videogame non adatti alla loro età. Per i ragazzi fra i 10 e 15 anni la percentuale di contenuti inappropriati sale al 41%.
Diversi studi hanno mostrato come l’uso di videogiochi violenti sia correlato ad un aumento dell’aggressività, dei comportamenti, pensieri e sentimenti aggressivi. Così come ad una diminuzione dell’empatia e della sensibilità alla violenza (con comportamento aggressivo possiamo intendere un comportamento volto intenzionalmente a fare del male o danneggiare gli altri). Come detto tuttavia sembra che il fattore scatenante sia proprio la frustrazione derivante dall’insuccesso.
I fattori di rischio individuali, familiari e sociali
Tutti questi dati hanno riportato in auge gli studi sugli effetti negativi dell’uso di videogiochi. Si cerca di comprendere quale sia la conseguenza dell’uso di videogiochi sulla presenza di comportamenti aggressivi e violenti, soprattutto considerando i cambiamenti tecnologici che rendono i giochi sempre più spinti, realistici e diffusi su numerose piattaforme.
L’uso di videogiochi sembra facilitare comportamenti aggressivi soprattutto in presenza altri fattori di rischio: circostanze negative e di svantaggio che riguardano diversi ambiti.
- la sfera individuale: tratti aggressivi di personalità, caratteristiche neurobiologiche e il livello di istruzione;
- la sfera familiare: un basso status socioeconomico, metodi educativi rigidi;
- la dimensione sociale: l’aver subito bullismo a scuola o l’esclusione dal gruppo dei pari, un contesto di appartenenza molto povero e deprivato.
Maggiori sono i fattori di rischio più è alta la probabilità della presenza di comportamenti violenti.
Le diverse tipologie di videogiochi violenti
Oltre ai contenuti violenti dei videogiochi sono state prese in considerazione altre caratteristiche dell’esperienza di gioco che dovrebbero essere maggiormente studiate per capire se possono avere un’influenza sull’aggressività. Tra queste vi sono ad esempio la presenza o assenza di una trama e il tipo di trama.
In genere serie tv e film hanno una trama relativamente semplice, con una morale, per cui l’eroe agisce in modo aggressivo ma al fine di salvare qualcuno, mosso da un desiderio di vendetta, di rivalsa o di semplice altruismo. I videogiochi attuali sono dotati di trame più complesse che portano i giocatori a entrare in contatto con sentimenti strutturati e decisioni che spesso coinvolgono molto i giocatori a volte forse confondendoli. In questo la prospettiva in prima persona e l’alta definizione delle più moderne console aumenta ancora più la probabilità di identificarsi con l’avatar del personaggio, portando ad un processo di identificazione potenzialmente rischioso.
La competizione come aspetto prevalente
Alcuni ricercatori ipotizzano che siano le caratteristiche competitive del gioco e non semplicemente il contenuto violento a influenzare l’aggressività. In particolare alcune ricerche sui giovani adulti hanno dimostrato che la competitività del gioco influenza l’aggressività indipendentemente dai contenuti violenti del videogioco. E’ stato ipotizzato che sia l’attivazione fisiologica indotta dalle caratteristiche competitive del gioco a determinare l’aggressività. Inoltre con gli adolescenti la probabilità di reazioni aggressive potrebbe aumentare a causa della maggiore difficoltà nel regolare la propria attivazione fisiologica ed emotiva rispetto agli adulti.
Effetti riscontrati nell’uso di videogiochi violenti
In ogni caso l’associazione tra l’uso di videogiochi violenti e l’aumento di comportamenti aggressivi è stata riscontrata in preadolescenti, adolescenti e giovani adulti. E’ stato riscontrato un aumento di pensieri aggressivi, ostilità, sentimenti di aggressività e reattività emotiva e una diminuzione di comportamenti socialmente desiderabili e dell’empatia.
Questi dati fanno pensare che l’uso di videogiochi violenti sia un fattore di rischio per l’aggressività mentre non ci sono sufficienti studi che mostrino una relazione tra l’uso di videogiochi violenti e comportamenti criminali e delinquenza.
Un altro aspetto che merita di essere indagato in futuro è la motivazione che spinge all’uso di questo tipo di videogiochi e a quali bisogni della persona questi rispondano: come la sfida di riuscire a vincere, le caratteristiche del gioco che catturano l’attenzione, le qualità percettive del gioco, il valore dell’intrattenimento dell’esperienza di gioco. Comprendere questo sarebbe utile anche al fine di creare giochi che ingaggino in sfide positive su un versante prosociale e cooperativo.
Gli effetti della frustrazione
In controtendenza altri studi stanno invece mostrando come il fattore primario in grado di generare aggressività nel videogioco possa essere la frustrazione derivante dall’insuccesso. I videogiochi ti spingono al limite, portando il giocatore ad usare tutta la propria attenzione e risorse per raggiungere obiettivi sempre più complessi. Il non raggiungimento di questi obiettivi può portare a dei vissuti di profonda frustrazione spesso associata con l’aggressività.
In uno studio del 2014 è stato chiesto ad un gruppo di studenti di tenere la mano nel ghiaccio per alcuni minuti, dicendo loro che il tempo era stato deciso dai giocatori precedenti (in realtà il tempo era lo stesso per tutti). Successivamente il gruppo veniva diviso casualmente in due. I due gruppi si trovarono a vivere una diversa esperienza di gioco, alla fine della quale veniva chiesto loro di decidere il tempo per il quale i loro successori avrebbero dovuto tenere la mano nel ghiaccio. Il gioco che dovevano fare era il tetris (un gioco quindi non violento). Il primo gruppo aveva un livello di gioco più difficile del secondo. In media i partecipanti al primo gruppo assegnarono dieci minuti in più di ghiaccio rispetto ai compagni del secondo gruppo. Tale comportamento aggressivo è stato imputato alla frustrazione.
Fattori protettivi
In ogni caso, il fatto che l’uso di videogiochi possa rappresentare un fattore di rischio per l’aggressività non vuol dire che tutti coloro che li usano diventeranno aggressivi o violenti. Vi sono diversi aspetti che mettono più a rischio o proteggono da questo risultato negativo, come i già citati fattori di rischio. Di contro tra i fattori di protezione vi sono un ambiente familiare positivo, caratteristiche personali di autocontrollo, competenza sociale e, si è visto, il riuscire a mantenere buoni risultati a scuola.
Anche l’amicizia ha un valore molto importante. Il supporto degli amici, specie nelle relazioni più intime e di maggiore vicinanza, può aiutare chi ha problemi di aggressività. Maturando si comprende il valore dell’amicizia, il rispetto dell’altro e del suo punto di vista, la fiducia, la reciprocità, l’impegno morale. Tutti elementi che stanno alla base di interazioni sociali positive. Aiutare i ragazzi a comprendere l’importanza della fiducia e di rapporti di amicizia costruttivi e di supporto può essere un potente strumento di aiuto nella riduzione dei comportamenti aggressivi.
L’immagine che viene interiorizzata nell’utilizzo di videogiochi violenti
In conclusione, la revisione degli studi sull’effetto dell’uso di videogiochi ha mostrato una forte connessione tra l’uso di videogiochi violenti e la presenza di comportamenti aggressivi. Anche se la ricerca è ancora in divenire e aperta ad altre possibilità, come l’effetto della frustrazione dell’esperienza di gaming.
Di certo coloro che usano videogiochi violenti, specie se per un tempo prolungato, sono esposti a una realtà virtuale che rispecchia un mondo cattivo e asociale che può influenzare ciò che sono e fanno nelle loro relazioni e nei comportamenti del mondo reale.
I modelli che ci guidano nelle relazioni con il mondo esterno vengono acquisiti attraverso l’osservazione della famiglia, del gruppo dei pari, della comunità e anche dei mass media e, nel tempo, diventano sempre più complessi, astratti e automatici. Assistere ad esempio per un tempo prolungato a episodi di violenza porta i bambini a leggere ostilità nelle intenzioni e nelle azioni commesse dagli altri, cosa che aumenta la probabilità che i bambini in futuro si comportino in modo aggressivo.
Va sempre ricordato che osservare scene di violenza non ha il medesimo effetto su tutti, gli effetti della violenza dei videogiochi e dei media in generale sono sempre moderati da caratteristiche dell’ambiente e della persona. Importante è il ruolo di mediazione dei genitori che deve essere attivo nel commentare regolarmente e in modo critico con i propri figli l’inappropriatezza delle scene di violenza e quando necessario nel limitare l’accesso a questo tipo di scene.
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