Forte, impetuosa, totalizzante o in altri momenti silente, sottile, insidiosa, la paura è un’emozione che ci accompagna durante tutta la vita influenzandoci su più livelli. Comprendere come gestire la paura può non essere semplice.
La paura è uno stato emotivo che attiva sistemi di comportamento: concitazione, apprensione, inquietudine, timore e quando diventa così intensa da risultare patologica, ansia, fobie, terrore, panico e sgomento.
Quest’ emozione può essere avvertita sia di fronte al pericolo e sia in situazioni percepite come tali ma che forse non lo sono.
Molto spesso capita di preoccuparsi o spaventarsi per eventi o situazioni che in sé non hanno nulla di pericoloso ma che per svariati motivi iniziamo a temere fino ad arrivare in alcuni casi a delle vere e proprie condotte di evitamento.
La differenza fra fobia e paura
In questo caso si può addirittura arrivare a sviluppare delle fobie, paure immotivate per oggetti o situazioni che ci portano a livelli acuti di malessere già solo al pensiero di poterci trovare nella condizioni temute.
Fra le fobie più comuni vi sono quelle legate agli spazi aperti, all’utilizzo di particolari mezzi di trasporto, alle relazioni sociali, allo sporco e così via.
In questi casi non si parla più di normale paura ma di fobie ed è in genere necessario un intervento mirato per andare all’origine del problema, iniziare a modificare i diversi schemi che di continuo si attivano e comprendere così come gestire la paura.
Per approfondire che cosa sono le fobie puoi continuare a leggere qui.
Nonostante spesso non si arrivi a condizioni così critiche la paura diventa una compagna costante, in grado di compromettere di molto la nostra quotidianità.
Gestire la paura e capacità soggettive
Le diverse forme di paura possono così variare lungo un continuum di gravità. Ciò che ci permette di delineare fino a che punto la nostra mente può tollerare questo stato d’animo dipende in buona sostanza dalla nostra sostenibilità interna. Dalla nostra capacità di mantenere un equilibrio dentro di noi.
Tra le capacità soggettive coinvolte nella modulazione della paura troviamo: la regolazione emotiva, la resilienza, le diverse strategie di coping esercitate nella quotidianità, il nostro livello di stress contingente, la nostra realizzazione personale, il locus of control, i livelli di autostima e autoefficacia come anche la nostra storia di vita, la presenza di una rete sociale di supporto e il desiderio di vivere una vita piena e autentica.
Paura, come si manifesta nel corpo
La paura ha un’espressione somatica piuttosto evidente: pupille dilatate, bocca aperta, sopracciglia avvicinate, fronte aggrottata.
Questo stato di tensione muscolare del viso rappresenta l’espressione della paura riscontrabile in linea generale nelle diverse fasce d’età e nelle diverse culture.
Rispetto a questo sono molto interessanti gli studi di Paul Ekman su come specifiche espressioni del volto manifestino le diverse emozioni in tutto il pianeta.
A livello psicofisiologico vi è una distinzione da fare fra stati di paura intensi, come il panico e la fobia, e quelli invece riguardanti la preoccupazione e l’ansia.
Uno stato di paura acuta e improvvisa, caratteristica del panico e della fobia, si accompagna ad un’attivazione del sistema nervoso autonomo parasimpatico e, più precisamente, ad uno stato di immobilizzazione. In questi casi, si evidenzia un abbassamento della pressione del sangue e della temperatura corporea, una diminuzione del battito cardiaco e della tensione muscolare, una dilatazione della pupilla. Questo modello si attiva laddove sia a repentaglio la sopravvivenza.
Stati di paura meno intensi invece attivano più un sistema di attacco-fuga. Sotto l’influenza del sistema nervoso simpatico aumenta il fabbisogno metabolico e la frequenza cardiaca. Ci spostiamo verso modalità attive di evitamento o lotta.
Quanto la paura può incidere nelle nostre vite
La paura come detto non è altro che un’emozione e come tale è necessario imparare a conoscerla, ad usarla, a renderla uno strumento utile per comprendere meglio le situazioni della nostra vita. Dobbiamo comprendere come gestire la paura.
La paura usata in modo sano ci protegge, ci spinge a porre attenzione, ad essere più presenti a quanto ci accade, ad interrogarci seriamente circa le questioni della nostra vita. Ogni volta che ci troviamo di fronte ad un nuovo compito come anche in situazioni che richiedono nuove risorse o nuove attitudini ecco che la paura può mostrarsi a noi, spingendoci ad incrementare la nostra attenzione, a mobilitarci, alle volte a mettere in crisi ciò che facciamo e anche il modo in cui lo facciamo.
In questo la paura ha di certo una sua grande utilità, costringendoci ad uscire dalla nostra zona di confort, oltre che a farci fuggire da tutte quelle situazioni effettivamente pericolose che potrebbero mettere a repentaglio la nostra stabilità fisica o psichica. Una relazione disfunzionale, una situazione di pericolo contingente, un gruppo di amici che ti chiede di vivere esperienze sempre più al limite.
Avere paura è normale e forse anche saggio. E’ poi necessario tuttavia riuscire a comprendere quanto la paura sia una sana protezione e quanto sia un limite.
Come gestire la paura
Agire con coraggio non vuol dire agire senza paura ma farlo proprio quando la paura c’è e si fa sentire.
Agire con coraggio significa dal latino “agire con il cuore”, è questo è in genere ciò che la paura ci impedisce di fare relegandoci in uno spazio di solitudine e chiusura, di insoddisfazione e perdita di senso.
Di fronte ad un esame, ad una nuova relazione, ad una situazione che ci chiede di superare i nostri limiti, la paura è la, presente, in grado di alterare profondamente i nostri stati interni, condizionando le nostre scelte e in definitiva la nostra vita.
Gestire la paura, seguire il cuore, seguire quella voce interiore che ci dice cos’è meglio per noi non è semplice ma è d’altro canto l’unica via possibile per chi vuole vivere una vita piena e soddisfacente. La questione è comprendere il confine, il limite fra paure sane e protettive e quelle insane che ci limitano relegandoci in noi stessi.
Se vuoi in questo video approfondisco come gestire la paura. Troverai sette riflessioni per iniziare fin da subito a lavorarci su.
La Neurocezione
Il nostro sistema nervoso continuamente misura la sicurezza dell’ambiente che ci circonda e, sulla base di questa valutazione, indirizza le modalità comportamentali più opportune.
La valutazione della sicurezza – chiamata neurocezione – avviene sovente al di fuori della nostra consapevolezza. Pertanto possiamo affermare che, per mezzo di meccanismi impliciti, inconsci, ci troviamo ad agire comportamenti sulla base della pericolosità che avvertiamo nel mondo.
La neurocezione, questa valutazione che il nostro sistema svolge in automatico è il frutto delle continue interazioni della vita. In particolarele esperienze vissute come negative, soprattutto se reiterate e intense, conducono allo strutturarsi di una neurocezione disfunzionale. Ad una continua percezione “in negativo ” di ciò che ci può accadere.
Cos’accade quando abbiamo paura
La paura può tradursi così in uno stato angosciante, doloroso e spaventoso ogni qualvolta la percezione di noi stessi sia priva di speranza e senza possibilità di cambiamento.
È come se, in quel particolare frangente in cui avvertiamo uno stato simile alla paura non ci sentissimo capaci di fronteggiare le situazioni, rinunciando di fatto ad agire il nostro potenziale soggettivo, quasi fossimo sopraffatti dall’esperienza o dallo stimolo attivante.
Il fatto che la paura conduca a evitare delle situazioni valutate come angoscianti e che vada così a nuocere la nostra energia vitale è l’elemento che ci dovrebbe far riflettere. Probabilmente qualcosa a livello psichico è già accaduto: in qualche modo, al di là della nostra consapevolezza, abbiamo rinunciato a degli aspetti del nostro vero Sé.
In effetti, abbiamo forse accettato di accantonare delle parti di noi stessi – per qualche buona ragione non ancora esplorate –, in modo da salvaguardare, da sopravvivere, da non “sentire” pienamente degli elementi vitali che ci appartengono in quanto essere umani.
Quanto incide la famiglia d’origine nella capacità di gestire la paura
Uno dei fattori protettivi nella gestione delle emozioni è la capacità di poter riflettere su di esse sviluppando una capacità critica e delle modalità di regolazione adattive e funzionali al contesto di vita.
Per riuscire a fare questo le esperienze soggettive dei primi anni della nostra vita sono fondamentali.
L’associazione tra gli stili genitoriali che abbiamo incontrato, l’ambiente affettivo in cui siamo cresciuti, le nostre caratteristiche innate come il temperamento e gli eventi della vita, va a costituire i sistemi interni ed esterni con i quali interagiremo nel mondo, con cui vivremo la vita e i rapporti interpersonali, con cui moduleremo le nostre emozioni.
L’importanza di fermezza e empatia
La letteratura internazionale stabilisce oggi in maniera univoca che uno stile relazionale connotato da fermezza e empatia, capace di adattarsi alle peculiarità del soggetto lungo le diverse fasi di maturazione, sia il maggior elemento per determinare un valido sviluppo affettivo di un bambino.
Crescere in un contesto familiare amorevole, capace di valorizzare l’energia vitale e le naturali propensioni del bambino all’interno di limiti e regole chiari e coerenti, favorisce l’autostima e la sicurezza psichica del bambino.
In particolare, pensando alle emozioni, saper riconoscere, nominare e leggere gli affetti che si attivano nel campo relazionale già nei primi anni di vita è una fattore protettivo di primo ordine. Un processo continuo di questo genere, che si ripete lungo la crescita del soggetto, rappresenta un modello di identificazione sano e armonioso per il futuro.
In questo modo il bambino divenuto adulto avrà la capacità di sentire le emozioni che si attivano in lui, distinguendo gli eventi che hanno scaturito tale stato e individuando modalità di modulazione funzionali. Sarà soprattutto in grado di comprendere che, anche di fronte alle difficoltà, alle emozioni negative, all’incertezza che caratterizza l’esistenza, avrà a disposizione un potenziale d’azione da mettere in campo per fronteggiare gli eventi.
Come lavorare sugli stati paurosi
La paura, l’insicurezza, l’ansia, la fobia, il timore esistenziale, il panico, il terrore ci vincolano al passato e fanno in modo che il futuro sia immaginato sulla scia di ciò che è stato, di ciò che abbiamo esperito e che sicuramente si ripeterà. Così facendo, cadiamo nell’immobilismo e nella paura che la sofferenza che abbiamo incontrato sicuramente sarà reiterata nel futuro. Ciò conduce inesorabilmente al fatto che la vita, nel qui e ora dell’esperienza, non venga vissuta a pieno.
Non c’è spazio perché l’esperienza sia oltrepassata, lasciandoci liberi di vivere il presente come un dono e progettare un futuro capace di mettere al centro ciò che davvero vogliamo nella vita.
Come psicologo a Milano da tempo mi occupo di questi temi. All’interno di un percorso di psicoterapia gli strumenti che vengono utilizzati per imparare a gestire la paura sono diversi. Il cardine di tutto il percorso è sempre quello della consapevolezza. Del riuscire sempre più a divenire consapevoli dei modelli interni che continuano a reiterarsi e iniziare così a trasformarli laddove disfunzionali.
Certamente una prima fase dell’intervento richiede che si chiarisca il livello di gravità, le tipologie di comportamenti associati, le credenze diffuse, oltre che le risorse su cui contare per l’intervento.
In questa prima fase esplorativa sarà necessario individuare l’origine delle paure, definirle, per poi passare ad intervenire su di esse.
In questo caso gli strumenti sono in genere svariati e integrati. Dall’ipnosi agli interventi paradossali, fino all’esposizione progressiva all’oggetto temuto, tutti concorrono in diversa misura a raggiungere una consapevolezza sempre maggiore della propria paura, della sua utilità passata o presente e della nostra capacità di gestirla nella quotidianità.