Perché l’aggressività passiva è così fastidiosa? Che cosa ci mette in difficoltà? E che cosa accade effettivamente quando ci troviamo di fronte all’ambiguità di un comportamento passivo aggressivo?
In genere riusciamo abbastanza facilmente a riconoscere le persone chiaramente aggressive. Trovarsi in situazioni del genere dà sempre fastidio ma l’aspetto positivo sta nel fatto che subito comprendiamo chi abbiamo di fronte.
Il problema nasce invece quando ci troviamo in presenza di una forma di aggressività passiva, tipica di un atteggiamento passivo aggressivo.
Ho già scritto rispetto a questo argomento ma qui troverai sette comportamenti tipici di una persona con un’alta aggressività nascosta che, se notati, potrebbero aiutarti a gestire meglio la situazione.

Che cos’è l’aggressività passiva
L’aggressività passiva, come indica la parola, è una tendenza a impegnarsi nell’espressione indiretta dell’ostilità, attraverso atti come insulti sottili, comportamento scontroso, testardaggine o un deliberato fallimento nell’adempiere ai compiti richiesti.
Poiché il comportamento passivo-aggressivo è implicito o indiretto, può essere difficile da individuare. Tuttavia nelle situazioni in cui abbiamo a che fare con comportamenti del genere subito avvertiamo un senso di malessere. Potremmo ad esempio trovarci a disagio con un familiare o un collega in seguito a frasi dette a metà, a sguardi poco chiari, ad una non condivisione di gesti o frasi.
I modi in cui può esprimersi un’aggressività nascosta o passiva possono essere molteplici e questo sempre in relazione alla persona e alla situazione. Potremmo ad esempio avere una relazione con una persona che nutre una serie di irrisolti verso di noi e che “sottilmente” ci fa pesare quanto non riesce a verbalizzare a voce. Oppure un amico o un collega che potrebbe essere risentito in generale o proprio verso qualcosa che abbiamo detto o fatto o che semplicemente “rappresentiamo”.
Le tante ragioni dell’aggressività
Le ragioni in generale di una forte aggressività, attiva o passiva che sia, possono essere davvero molteplici. Molto spesso hanno a che fare con la storia della persona, con quanto ha vissuto fin da piccola, con i modelli di gestione dell’aggressività appresi dai genitori, con le situazioni effettive che ha dovuto affrontare nella vita.
In generale quando ci troviamo a dover soddisfare un bisogno o nella percezione di aver subito un torto o della violenza, più o meno esplicita, in noi si attiva qualcosa che ci porta ad aggredire, dal latino adgredior che letteralmente significa «avvicinarsi», ma che può anche essere inteso come «assalire», «accusare», «intraprendere», «cominciare».
Ci attiviamo e a seconda dei modelli di riferimento e iniziamo ad essere aggressivi.
L’aggressività chiaramente non è una caratteristica né negativa né positiva a priori. Il punto è più che altro come la gestiamo ogni giorno. Di certo vi è un modo sano per gestire la propria aggressività in relazione al contesto. Alcuni esprimono chiaramente la propria aggressività con toni o contenuti espliciti, più o meno adeguati rispetto alla situazione, altri, non riuscendo a gestire la propria aggressività, tendono a mascherarla lasciandosi sfuggire segnali che possiamo però cogliere e interpretare..
Sette segni distintivi di un’aggressività passiva
Il silenzio
Nella sua forma standard, il trattamento del silenzio consiste nell’ignorare completamente l’altro, rifiutando di rispondere a qualsiasi domanda o persino rifiutando di riconoscere la sua presenza. Questo tipo di trattamento silenzioso non è particolarmente passivo-aggressivo, poiché è molto esplicito. Ma ci sono modi più sottili con cui una persona può sottoporti al trattamento silenzioso. Ad esempio, potrebbe “accidentalmente” non riconoscerti nel corridoio di lavoro. Succede solo a caso, quindi hai problemi a sapere se è intenzionale o accidentale. La stessa cosa può accadere nelle riunioni o durante altre interazioni. Il tuo collega potrebbe ignorare di proposito i tuoi commenti, ma farlo in modo incoerente, quindi non puoi davvero dire se è intenzionale o meno. In genere è proprio tale ambiguità a lasciare quel senso di inquietudine.
L’attitudine ostile
Un’altra caratteristica è quella di mantenere un’attitudine ostile. Essenzialmente l’aggressività si palesa nel evitare l’altro, parlare poco, essere scontrosi. Spesso la persona che vive questa forma di aggressività tende a pensare che l’altro voglia infastidirla o metterla in difficoltà.
Ad esempio al lavoro potrebbe evitare in tutti i modi di incontrare il capo convinta che egli voglia caricarla (apposta) di ulteriore lavoro. Tende allora a defilarsi, evitare il contatto con gli altri e in genere risponde in modo scortese ed evitante o peggio in modo solo apparentemente amichevole. Anche con i colleghi potrebbe avere dei vissuti persecutori, convinta di essere una vittima e agendo di conseguenza comportamenti che hanno l’unico effetto, nel lungo tempo, di confermare le sue convinzioni.
Insulti sottili
In genere riconosciamo quando veniamo apertamente insultati. Ma non sempre riusciamo ad avere tale chiarezza di fronte all’ambiguità. Il passivo aggressivo usa spesso forme di insulto sottili, più difficili da riconoscere per quello che sono.
Il capo può farti un complimento dicendo che hai fatto un buon lavoro su un progetto, ma poi riconsegnartelo completamente stravolto. Oppure, un amico può ringraziarti per un regalo che gli hai fatto al compleanno e subito poi iniziare a parlarti di un regalo più bello ricevuto da un altro amico.
Un insulto sottile può anche consistere in un riferimento nascosto o semi-nascosto ai punti più deboli. Ad esempio sapendo che non ti sei laureato e lui si, un collega potrebbe insistentemente far riferimento ai suoi studi come per sottolineare il suo maggior valore rispetto a te.
La testardaggine
Anche la testardaggine può essere il segno di un’aggressività passiva. Da un lato essere testardi o caparbi può rivelarsi una virtù. Eppure in certi contesti o relazioni, l’essere fissati solo sul proprio punto di vista potrebbe essere un modo, più o meno velato, di punire qualcuno.
Alle volte capita di vedere questo comportamento nei dibattiti televisivi. Le persone sembrano prendere posizione su un argomento non tanto per l’importanza dei contenuti ma piuttosto per allearsi o andare contro a qualcun altro, attaccandolo indirettamente.
Anche nelle relazioni di tutti i giorni un esempio potrebbe essere quello di un amico che insiste sul proprio punto di vista monopolizzando la conversazione, che magari non ascolta le tue riflessioni ma va avanti per il suo discorso come se nulla fosse. Anche se poi si arrivasse ad un accordo finale molto probabilmente alla fine della discussione lancerebbe un’ultima frase come a voler dire sempre l’ultima.
Lasciare le cose in sospeso
In realtà chi vive un’aggressività passiva spesso non ne è pienamente consapevole. Intuisce ma non si rende così conto del continuo conflitto interno che vive. Molto spesso un segno di aggressività passiva è proprio il non riuscire a portare a termine i compiti intrapresi. Il passivo aggressivo entra in conflitto con se stesso e con gli altri, spesso sentendosi a credito e non ritenendo di dover fare più nulla.
Oltre a ciò, il non portare a termine i compiti, soprattutto se affidati dagli altri, è un ottimo modo per punirli e appunto attaccarli. Anche non restituire dei soldi, tardare a pagare un oggetto o un servizio, come anche non farsi trovare per non dover assolvere ai propri doveri è un classico atteggiamento che dovrebbe metterci in guardia di fronte ad una tipologia di persona che tipicamente vive con una certa sofferenza la propria vita.
Vittimismo e percezione di essere costantemente sotto attacco
In genere chi sviluppa una certa incapacità a gestire in modo sano la propria aggressività non sceglie chiaramente di farlo. Molto spesso questa incapacità nasce da esperienze pregresse di sofferenza relazionale soprattutto avuta nei primi anni della vita, nelle relazioni più importanti familiari.
Relazioni tossiche, disfunzionali o marcatamente aggressive, possono portare la persona a non essere in grado di gestire in modo sano la propria aggressività. Se ad esempio ho avuto genitori violenti che spesso mi mettevano in grande difficoltà, facendomi percepire come pericoloso il mio esprimermi, potrei aver sviluppato una resistenza nel portare il mio punto di vista apertamente, nel condividere i miei penserei per paura della possibile reazione dell’altro.
Tali esperienze di sofferenza portano a volte la persona a percepirsi ancora sotto attacco e a costruirsi nel tempo una rappresentazione sempre più negativa della realtà e delle persone in essa.
Manifestazione di questi vissuti potrebbe essere una tendenza al vittimismo, a sottolineare i torti subiti e a reagire in sostanza sempre in difesa.
Le contraddizioni di un’aggressività passiva
Infine un altro segno che dovrebbe metterci in allarme facendoci riflettere sullo stato dell’altra persona sono le contraddizioni. Un esempio potrebbe essere quello di una persona che ti dice di star bene ma che fisicamente mostra chiaramente dei segni di difficoltà, una smorfia del viso o quant’altro.
Queste contraddizioni possono nascondere semplicemente il desiderio di non voler appesantire l’interlocutore con le proprie difficoltà ma nel contempo potrebbero essere anche il segno di un’ostilità nascosta che anche in questo caso dovrebbe essere compresa.
Cosa fare di fronte ad una forma di aggressività passiva
Se ci si rende conto di avere questa tendenza, la cosa migliore è cercare sempre più di essere schietti e sinceri con se stessi, imparando a gestire sempre meglio, nei modi più adeguati rispetto al contesto, la propria aggressività.
Come detto l’aggressività non ha necessariamente connotazioni positive o negative. Un giocatore di rugby che grida contro l’avversario per intimorirlo e nel contempo per “caricarsi” emotivamente sta semplicemente usando la propria aggressività per affrontare un situazione contingente in cui il suo grido è del tutto adeguato. Viceversa se quel grido fosse fatto in coda alle poste potrebbe rivelarsi catastrofico.
Quando ci sentiamo invece attaccati da una forma celata di aggressività la cosa migliore è di iniziare a farci caso. Si tratta in genere di una tendenza abbastanza stabile della persona e quindi iniziando ad accorgercene potremo arrivare sempre più a comprendere l’altro, decidendo poi cosa fare.
Uno dei meccanismi a cui fare attenzione è l’ambiguità generata da un comportamento passivo aggressivo. Il nostro cervello fa fatica a gestire l’ambiguità e quindi potrebbe in questi casi sentirsi confuso o in difficoltà. Di fronte quindi alla percezione di ambiguità il primo passo da fare è indietro, iniziando a fare caso alle piccole, grandi contraddizioni e ai comportamenti dell’altro. A seconda poi della situazione dovrò capire come agire.
In questo video approfondisco l’argomento.